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Major Tom to Ground Control (Part.1)
Storia di Tom Dumoulin al Giro d’Italia.
Ci siamo, venerdì si parte. Si va in orbita.
Comincia il Giro d’Italia numero 101. Partenza in Israele, a Gerusalemme. 21 tappe, 3.562,9 chilometri. Arrivo il 27 maggio a Roma. Quest’anno, niente Milano.
Per la centunesima edizione della Corsa Rosa è stato ideato un percorso che tocca ben 16 regioni. Sicilia (e Etna) inclusa, con una tappa commemorativa della tragedia del Belice, a 50 anni dal terremoto che portò morte e distruzione in quella splendida valle. Niente Dolomiti, niente Stelvio. Sì Zoncolan e Colle delle Finestre.
La partenza da Gerusalemme vuole essere invece un omaggio a Gino Bartali il “Giusto”, dopo il riconoscimento del museo Yad Vashem per il suo ruolo determinante nel salvataggio di numerosi ebrei dai campi di deportazione durante la seconda guerra mondiale.
L’anno scorso, l’edizione numero 100, la vinse un olandese, Tom Dumoulin. Detto anche “La farfalla di Maastricht”.
E siccome di lui ho scritto per il mio editore olandese, colgo l’occasione per pubblicare qui, a puntate (3 in tutto), il suo ritratto: uscirà infatti in Olanda, per Xander, un’edizione aggiornata de “Il carattere del ciclista” (Utet 2016) .
Il ritratto di Tom mi ha particolarmente “preso”: un ciclista difficile da descrivere, rispetto agli altri raccontati nel mio libro, perché ancora estremamente giovane e con tutta la carriera davanti. Ho dovuto lavorarci, cercare, pensare, ragionare, utilizzare, ove possibile, il lettino dello psicanalista. Alla fine ne è nata un’idea molto semplice: raccontare il suo ultimo giorno al Giro d’Italia, la tappa che lo consacrò maglia rosa, la cronometro finale (un finale unico nella storia del Giro d’Italia, con 4 pretendenti in una manciata di secondi) da Monza a Milano. Frazione in cui Tom non volle sapere niente mentre pedalava: staccare ogni contatto con la terra.
Solo la bici, il rumore – inconfondibile – delle ruote lenticolari e il vento nei capelli.
Un omaggio alla mia città, un omaggio al Giro d’Italia.
Onorato di averlo scritto. Ecco a voi da “Il carattere del ciclista” orange version “Tom Doumoulin: il predestinato”. In italiano, s’intende.
Sotto con la prima puntata. Major Tom chiama, la base sulla terra non risponde. Che sia già in orbita?
Il Predestinato: Tom Dumoulin
Si chiamava “Think Pink” ed era una marca di abbigliamento molto di moda tra i giovani milanesi negli anni ‘80. I ragazzi che sceglievano queste felpe e t-shirt dalle tinte accese, quasi fluo, amavano sostare per le vie del centro, tra San Babila e piazza del Duomo. Mangiavano hamburger e patatine fritte, magari sorseggiando rumorosamente un “milk-shake” alla banana. Erano i “Paninari”. Viaggiavano quasi sempre in moto, avevano capelli perennemente impomatati, tirati all’indietro, e l’aira sprezzante, talvolta persino arrogante: un po’ come quella di Tom Cruise nel film “Top Gun”. Non a caso, la loro pellicola di riferimento.
Erano anni spensierati, facili da vivere, di florido benessere economico. Erano anni a colori.
28 maggio 2017. A Milano sembra proprio tornato uno di quei giorni: è un tripudio di cromie. La tinta dominante è chiaramente il rosa, le vie del centro ne sono tappezzate: striscioni, bandiere, persino fiori, tutto è di quel colore, nelle sue infinite sfumature. Lungo l’asfalto di Corso Venezia, davanti a giardini Montanelli – poco prima della tremenda curva a gomito che porterà i corridori dritti in Corso Matteotti – si è formato un tappeto di coriandoli rosa. Tra qualche ora passerà di il Giro d’Italia, sarà festa. Il cielo è terso, di un azzurro così intenso che, se messo insieme a questo colore, produce un seducente effetto psichedelico. Non si vede nemmeno una nuvola, l’aria è calda, le strade traboccano di gente, i gelati colano tra le dita e i cagnolini abbaiano rincorrendosi tra loro. Se si dovesse scrivere una didascalia per sintetizzare l’atmosfera, sarebbe sicuramente “Think Pink”.
Il ciclista Tom Dumoulin corre per il team Sunweb.
È appena partito da Monza, è il quartultimo della giornata. Dopo di lui, toccherà soltanto ai primi tre in classifica: nelle prove a cronometro si procede sempre in ordine inverso rispetto a quello della generale. Il primo parte per ultimo, l’ultimo per primo. Tom è quarto.
Viene dall’Olanda, ha già corso il Giro d’Italia l’anno scorso, con ottimi risultati: si è dovuto ritirare soltanto per un fastidioso problema al soprassella. Non dopo però aver indossato, per qualche tappa, la maglia rosa. L’aveva conquistata – guada caso – proprio nel cronoprologo di quel Giro, ad Apeldoorn, in Olanda. Da allora non se l’è più levata dalla testa.
Lo hanno soprannominato “la farfalla di Maastricht”: Tom è giovane, bello, tremendamente elegante, pronto a spiccare il volo. Un passista straordinario – dice qualcuno -, un formidabile cronoman – aggiunge qualcun altro. E in salita? Anche lì la farfalla si difende con destrezza e piglio da leader. Un ciclista insomma completo, coriaceo come pochi, difficile da battere su qualunque terreno. Che sia il prototipo dell’uomo del futuro?
Qualche giorno fa, sull’Umbrail – il versante svizzero del passo dello Stelvio – proprio dove sarebbe stato ragionevole pensare di staccarlo, in realtà Tom ha saputo resistere. Non ha concesso che pochi secondi ai suoi avversari.
Quel giorno, la tappa forse più dura di tutto il Giro d’Italia, Dumoulin aveva avuto infatti un pericoloso contrattempo: un fastidioso attacco intestinale. Si era dovuto fermare a bordo strada, per farla lì insomma, in mezzo ai prati. Sotto lo sguardo attonito di compagni di squadra, tifosi e giornalisti. Lo avevano visto deviare improvvisamente verso i campi, mollare la bici e tirarsi giù la salopette con un gesto furibondo. Secondi preziosi gettati al vento per colpa di un maledetto mal di stomaco.
Le telecamere avevano indugiato allora a lungo su quella scena quasi comica: lo spezzone del filmato in cui si vedeva Tom a bordo strada, inginocchiato e con i pantaloncini abbassati, aveva fatto il giro del web. In pochi minuti era divenuto virale. Condiviso su centinaia di migliaia di bacheche, twittato e ritwittato, postato e ri-postato. Quasi tutti lo avevano deriso e sbeffeggiato digitalmente, mentre lui – sofferente e dolorante – era rimontato in sella. Stringendo i denti era ripartito, i compagni di squadra lo avevano fedelmente scortato fino al traguardo. Aveva difeso da combattente la maglia rosa.
Quel ritardo, tuttavia, sembrava il contrattempo decisivo, il colpo di teatro finale capace di decidere le sorti del centesimo Giro d’Italia. (…)
(FINE PRIMA PUNTATA)
Illustration: Michele Valenti
Foto: ©ciclistapericoloso (Milano, 28 maggio 2017, tappa finale del Giro d’Italia 100)
“Il carattere del ciclista” (Utet 2016) in italiano qui.
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