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Drizzate le Ardenne.
Lev Tolstoj e la la fatal Redoute.
la “fatale Redoute” viene citata dal grande Lev Tolstoj nel suo celeberrimo “Guerra e pace”. Pierre, uno dei protagonisti del romanzo, ci passa di fianco: “un tumulo, lungo il quale erano stati scavati fossati da tre parti. Sullo spiazzo circondato dai fossati, vi erano decine di cannoni”. Per i francesi un avamposto fondamentale.
Sulla Côte de La Redoute, Ardenne, Belgio, nel lontano 1794 si combatté uno dei conflitti più aspri e sanguinosi dell’intera storia moderna: esercito francese contro impero austriaco. Furono due giorni di botte da orbi: uscirne con almeno un braccio o una gamba ancora sani e funzionanti era già qualcosa. “Redoute” era il nome del fortino eretto proprio durante quella battaglia e rivelatosi decisivo. Ancorché fatale per le truppe francesi. E forse da lì nasce la storia di un magnifico “tradimento”. State a sentire.
Doyenne: amore e tradimento.
La Liegi-Bastogne-Liegi, la “Doyenne” (la “decana”, perché la più antica delle 5 Classiche Monumento) ha trasformato, quasi due secoli dopo, questo luogo, la Redoute, in un nuovo, tremendo, campo di battaglia. Debutto ufficiale di questa salita nel percorso della Doyenne: 1975. Eppure fu subito successo. E così, quello che altrimenti sarebbe rimasto un anonimo quanto ripido viottolo di campagna, percorso soltanto da qualche trattore o carro trainato da buoi, è diventato un vero e proprio santuario del ciclismo.
Domenica si correrà da quelle parti. Sarà Liegi-Bastogne-Liegi, sarà Doyenne. Sarà Valverde contro Alaphilippe, tanto per fare due nomi tra i papabili vincitori. Ma sarà anche show nelle retrovie, c’è da scommetterci: pensate più di 4.500 metri di dislivello. Nulla a che vedere con le ultime due classiche corse in aprile: Fiandre e Parigi – Roubaix.
Siamo di nuovo in Belgio, non c’è il Koppenberg, però ci sono le Ardenne (già andate in scena mercoledì alla Freccia-Vallone, vinta dallo stesso Julian Alaphilippe). Nello specifico ci sono la Côte de la Redoute e le sue sorelle.
Luoghi incantati, quasi stregati, dai boschi verde smeraldo, e dalle strade tortuose.
Chiedete al Jean Marie Leblanc ad esempio, un francese. L’ex corridore, giornalista e infine direttore del Tour de France (fino al 2005), si invaghì della Liegi perdutamente, facendo incazzare non poco i suoi connazionali.
La Doyenne era per Leblanc la più bella delle 5 Classiche. C’era niente da fare. Fu piuttosto chiaro in merito: “la Liegi – Bastogne – Liegi è sempre stata la mia corsa preferita, senza dubbio la più bella di tutte”. Ma non gli bastò, dovette rincarare la dose precisando: “la Parigi-Roubaix è emozionante, ma la Liegi è la più impegnativa sul piano atletico e la più bella, con il maestoso sfondo delle Ardenne belghe”. Peter Sagan è avvisato.
Tasso Story.
La storia ci racconta soprattutto di un concorrente. Un francese, di nuovo.
Era il 1980 e sotto una bufera di neve, quel cavaliere, quasi solitario, partì.
Dapprima sembrava incerto e poi, via via che affrontava le Côte delle Ardenne, si faceva sempre più convinto. Quel giorno si ritirarono 170 corridori, al traguardo non giunsero che in 20. Lui uno di quelli. Non solo, ma fu il primo ad arrivare, e di gran lunga. In testa indossava un passamontagna rosso fuoco, di quelli da sciatore, le gambe erano coperte da una sottile pellicola di ghiaccio mista a neve, sul torso aveva una cerata da pescatore che copriva la divisa con sponsor “Renault”. Quel ciclista aveva gli occhi fuori dalle orbite e il cuore che ballava la tarantella. Era aprile, ma sembrava dicembre. La mattina, prima di decidersi a montare in sella, era rimasto a lungo chiuso nella sua stanza d’albergo, il “Ramada” di Dolembreux: era in dubbio se partire o stare sotto le coperte. Il carattere gli aveva fatto propendere per la prima ipotesi piuttosto rapidamente.
Giunto al traguardo, con le prime luci delle case che rischiaravano il buio precoce per la stagione, e con due dita della mano completamente fuori uso (tali sono rimaste tutt’oggi), capì di aver vino. Era corso incontro al destino e aveva scritto la storia, non solo della Liegi-Bastogne-Liegi, ma dell’intero ciclismo. Il suo nome: Bernard Hinault, bretone di Yffiniac, figlio di un ferroviere e abituato alla rude vita della campagna appena dietro l’Altantico.
Domenica Bernard, anche detto il “Tasso” (per il suo peculiare modo di scavarsi vie sotterranee nel gruppo e uscire allo scoperto all’imrpovviso) , sarà il primo a incollarsi alla tv. Drizzate le Ardenne.
Foto: Lev Tolstoj (Minimamoralia)