Sound-check del #NuovoLibro

Right

La vie en rose
Due… tre, prova. Due… tre, prova… prova. Mi alzi per cortesia le chitarre in spia?
E il basso? Così lo sento poco.
Ok,  grazie. Adesso è perfetto, direi che ci siamo. Rock n’ roll.
Uscirà il 18 aprile, sempre per Utet come il precedente, e si intitolerà “Storia e Geografia del Giro d’Italia“. E sarà, come vedete, rosa, molto rosa.
Quelle lassopra sono le prime prove di copertina.
Stamattina ho fatto una lunga riunione dall’editore, in cui abbiamo sciolto gli ultimi dettagli, sembrava quasi l’ultimo incontro tra un gruppo di amici prima della partenza per un viaggio. Come se, dopo averlo a lungo progettato, in fondo ci fossimo trovati lì per decidere bene, in concreto, chi porta cosa: tu la tenda, io le stoviglie, l’altro il fornelletto da campo.

Il viaggio è il bagaglio.
Quando si parte si dovrebbe sempre fare mente locale per portare il minor numero di cose possibile, solo l’essenziale, via il superfluo, come un ciclista sa bene. Paolo Rumiz, giornalista di La Repubblica, a tal proposito quest’estate, dalle pagine di quel giornale, ha scritto e dato istruzioni precise, direi persino illuminanti. Vi invito a leggerle, sono preziose oltre che filosofiche. Ah, e già che ci siete leggete anche cosa intende lui per “viaggio”.
Ecco noi stamattina abbiamo parlato di tutto, messo a posto ogni cosa, approntato ogni particolare, anche quelli apparentemente più trascurabili (quante paia di calzini, quante mutande e che libri portarsi da leggere la sera in tenda).
E alla fine lo abbiamo lasciato andare. Ossia, mandato alle stampe, il #NuovoLibro.
Non si torna più indietro, la nave ha mollato gli ormeggi e ora andrà e non si potrà far altro, noialtri, che lasciarla andare. Al massimo, guardarla e farsi trasportare.

Scrivere, viaggiare, pedalare.
Perché ne parlo così? Perché questo non è un libro come gli altri per me, ve l’ho già detto. Ha dentro qualcosa di più, un ingrediente speciale; o forse questo qualcosa lo percepisco soltanto io. Staremo a vedere.
Vi basti sapere che l’ho scritto tutto d’un fiato. In nemmeno sei mesi, senza fermarmi un giorno solo, weekend ovviamente inclusi. E ora che non ce l’ho più sotto di me, ora che è fuori dal mio “controllo”, quasi quasi mi fa un po’ paura. Sì, insomma, in qualche modo mi manca già. In fondo si scrive sempre per un bisogno, per un’urgenza interiore. Così esattamente come si viaggia. Non è un gioco scrivere (e nemmeno viaggiare, come dice Rumiz), ma nemmeno una sofferenza. Nessuno ce lo impone.
Jo Nesbø, noto giallista norvegese di successo planetario, ha recentemente dichiarato che scrivere è per lui uno dei pochi piaceri irrinunciabili della vita. Di più, aggiunge che per continuare a farlo, sarebbe disposto a non farsi pagare. A farlo, cioè, gratis.
Come lo capisco. Certo, direte voi, bella forza, con quello che ha guadagnato lui a suon di bestseller.

#NuovoLibro – #Giro100
Ma torniamo al #NuovoLibro. E al Giro d’Italia, che quest’anno (con partenza da Alghero venerdì 5 maggio, esattamente tra un mese) compirà 100 anni.
Siccome non sono molto bravo a fare le presentazioni, ma maledettamente timido, stavolta direi persino impacciato, come quando andavo alle feste al liceo, direi allora di lasciare la parola a lui. L’emozione è tanta, più che per “Il carattere del ciclista”, più persino che per “Ma chi te lo fa fare?”, il mio esordio.
Mi taccio allora, e cedo la parola a lui.
Al “Cronoprologo”, alias l’introduzione:

Cronoprologo
Sembra paradossale, ma i veri protagonisti del Giro d’Italia non sono i corridori. Si scende in strada a vedere il Giro che passa, ma ciò che ci interessa davvero non sono i concorrenti, di cui magari ignoriamo anche il nome. Quello che ci affascina è piuttosto il fatto che lei, la corsa, passi proprio lì. Per quel determinato luogo, su per quelle montagne, giù a perdifiato per quelle valli. Si resta incantati a guardarli, i ciclisti, mentre si mischiano fino quasi a scomparire, inghiottiti da quel paesaggio.
Le vere star della Corsa Rosa non sono Coppi, Bartali, Gimondi, Pantani o Contador. Bensì i passi, le valli, i fiumi, le città, i borghi, le pianure.
Scenari mozzafiato divenuti ben presto iconici, autentici simboli delle due ruote. Perché legati a un episodio, a un’impresa o a una storia speciale da raccontare.
Sono loro, i luoghi, a decidere se trasformare un ciclista in una maglia rosa oppure no; se rendere una tappa memorabile oppure banale frazione di trasferimento. Magari lo fanno grazie a una tempesta di neve o a una giornata di caldo torrido, oppure tutto avviene per colpa di un semplice imprevisto, un piccolo e apparentemente insignificante particolare, capace di mandare all’aria ogni cosa. Un gatto finito all’improvviso tra i raggi di una ruota, un salto di catena, una borraccia scambiata forse per errore.
È come se possedessero uno strano potere, una magia che attende soltanto di essere sprigionata. Quasi avessero cioè in partenza le caratteristiche giuste, il physique du rôle “geografico” per mettere al mondo imprese
(…)

(Da “Storia e geografia del Giro d’Italia” Utet, dal 18 aprile in libreria)

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Foto: ©ciclistapericoloso (Upcycle Bike Café Milano)
Copertina libro: XxY Studio