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La Gara – Puntata 1

Ho appoggiato la bici contro il termosifone, il profumo di legno è intenso, inebria le narici.
I piumoni, sui letti appena rifatti, sono soffici e invitanti, piegati a metà come da tradizione tirolese, persino di più. Sento un concitato vociare provenire dalla stanza a fianco: grida, pugni sul tavolo, risate fragorose. Tedeschi. Sicuramente altri concorrenti. Lo percepisco dall’eccitazione con cui parlottano e ridacchiano tra loro.
Sposto la tenda e guardo fuori dalla finestra, sul balconcino confinante con il mio scorgo le loro bici. Sono poggiate contro la balaustra, tirate a lucido: i cartoncini con il numero di gara e il transponder, già fissati sul manubrio. Tra poco saranno nel centro di Sölden, a tracannare birra a fiumi, cercando di non pensare a domani.
Le nubi basse avvolgono il bosco che risale verso Vent e Obergurlg, e poi su e ancora più su fino al Timmesjoch, il passo Rombo, a 2500 metri di quota. I tetti delle baite e degli chalet sbucano qua e là come apparizioni lillipuziane. I campanili a cipolla delle chiese tirolesi sembrano funghi spuntati durante la notte. Lo sbuffare dei camini, già accesi per via delle basse temperature, si confonde con quello della coltre grigia e carica d’acqua, trasformando il paesaggio in uno scenario onirico. Le cabine della funivia che sale verso il ghiacciaio Rottenbach, a più di tremila metri do quota, si perdono nel nulla solforoso. Alle sei è prevista la conferenza stampa per i giornalisti proprio lì in cima: dovrei andarci, ma onestamente ne ho poca voglia.
Quest’anno saremo in quattromila. Ma ben 19 mila sono state le richieste di partecipazione da tutto il mondo, sito in tilt per ore: il sorteggio di marzo, come ogni anno, ha decretato i fortunati concorrenti che vivranno l’emozione del via. Italiani poco meno di cinquecento. La stragrande maggioranza sono tedeschi e austriaci, sloveni, poi inglesi, francesi, qualche svizzero più un gruppo di una cinquanta di americani. Sono volati qui apposta qui dal Texas per l’occasione della vita.
Dalla finestra vedo qualcuno che rientra dall’ultima sgambata di rifinitura prima della gara: caschetti giallo fluo e mantelline che svolazzano al vento, fradice di pioggia. Che voglia…

Sölden è un piccolo comune nel cuore della valle dell’Ötz, il fiume dalle acque sempre abbondanti e limacciose che scende lesto verso Innsbruck. L’ho sempre trovato vagamente inquietante: se ci finisci dentro, penso, non ti ripescheranno mai più.
Sölden è nota in tutto il Tirolo per due motivi: perché è sede della coppa del mondo di sci, che si tiene a ottobre, e poi per l’Ötzataler Radmaraton. La maratona ciclistica più dura d’Europa. Il motivo per cui sono qui.
Si corre ogni anno tradizionalmente l’ultima domenica di agosto. La partenza viene data con un colpo di cannone che viene sparato a salve alle 6 e 45 in punto del mattino lungo la via principale del paese, che è anche l’unica. Il suono riecheggia sinistro in tutta la valle e fa letteralmente rabbrividire. Tutti, tranne i concorrenti. Che da quel momento in avanti entrano in una sorta di apnea o trance agonistica che li separerà dal resto del mondo per le successive 13 o 14 ore. Un viaggio agli inferi e ritorno, o, se si preferisce, un trip psichedelico e adrenalinico lungo un giorno intero.
Chi partecipa all’Ötztaler è atteso da 4 passi alpini, quasi tutti sopra i duemila metri, per un totale di 238 chilometri e 5500 metri di dislivello. Nessuna tappa del Giro d’Italia o del Tour de France, per intenderci, è tanto dura.
Ma non basta: le condizioni meteorologiche, in questa zona dell’Austria, appena oltre le creste di confine con l’Italia, possono essere davvero estreme, invernali, già a fine estate. Tutto questo rende la corsa, se possibile, ancora più dura e drammatica di quello che già è: pioggia, vento, temperature prossime allo zero, a volte neve sui passi. Abbiamo appena appreso – con un SMS inviato a tutti i concorrenti – che per questa edizione il colpo di cannone verrà anticipato di un quarto d’ora. 6.30 quindi, toccherà anticipare ancora la sveglia. Tutta colpa di una frana caduta sul passo del Kühtai, la prima salita della gara.
Un imprevisto che non ci voleva proprio: ha costretto gli organizzatori ad allungare in extremis il tracciato di un’altra decina di chilometri, come se già non bastasse, e soprattutto ad aggiungere 400 metri di dislivello. Diventeranno dunque quasi 6000 in totale. Sarà una mattanza, lo so. (TO BE CONTINUED)
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