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La Gara – Puntata 2: Skyfall

Quest’anno si raggiungerà il passo del Kühtai anziché, come da tradizione, dal paesino di Ötz, dieci chilometri più a valle, da una strada secondaria, decisamente più ripida (i concorrenti più allarmisti, che sono già andati a testarlo i giorni scorsi, parlano di un mezzo Mortirolo). Si tratta di una mulattiera asfaltata, pare, normalmente frequentata solo dai trattori e dai montanari locali. Non è poco, per un evento che già di per sé è considerato durissimo.
Per dare la possibilità a tutti i partecipanti di raggiungere il traguardo fina di Sölden (il percorso dell’Ötztaler è ad anello) entro il tempo limite di 13 ore, ovvero prima che calino le tenebre, è stato inevitabile anticipare il via. E chissà se un semplice quarto d’ora basterà.
Siamo a fine agosto, le giornate non sono più lunghissime, il sole tramonta prima e nelle Ötztal Alpen, in questo periodo, è già autunno inoltrato.
Trovarsi a percorrere i 25 chilometri di discesa dal passo del Rombo, l’ultimo dei quattro di cui si compone la gara e anche il più duro, con il buio della notte e le temperature sottozero non deve essere una passeggiata.
Sul tavolino di legno della camera, scorgo la brochure dell’Ötztalturism, l’ente del turismo locale. Dispensa consigli per un soggiorno indimenticabile nelle Alpi del Tirolo austriaco. Si va dall’esperienza allo 007 Elements – il museo dedicato all’agente segreto più famoso del mondo, James Bond: proprio qui, sui ghiacciai sopra Sölden sono state girate alcune tra le scene più spettacolari di Skyfall, uno degli episodi più recenti della saga di 007, a un brunch tirolese in quel dell’ avveniristico IceQ. Si tratta di un rifugio gourmet in quota con pareti in vetro temperato e vista panoramica su tutta la valle dell’Ötz da ben 3200 metri di altezza. L’IceQ, ovviamente, nel film di James Bond con Daniel Craig, era presente nel set: era la base segreta dei cattivi. Pare che il regista, durante un sopralluogo, se ne fosse completamente innamorato.
Infine il depilant consiglia di ripartire assolutamente non prima di essersi concessi una mattinata dedicata tutta a se stessi nel paradisiaco Acqua Dom. “La SPA delle Alpi di classe superiore” si legge: si trova a Langenfeld, poco più a valle, lungo la strada che porta a Innsbruck e che domani percorreremo, poco dopo il via, tutta in discesa. 12 vasche, 7 saune, idromassaggi, docce emozionali e chissà quale altra diavoleria per un’esperienza di benessere premium e totalizzante, tra vapori sulfurei e trattamenti customizzati.

Curioso che un’attenzione così scrupolosa e persino, per certi versi, maniacale, per il relax del corpo e della mente avvenga a meno di 20 chilometri da dove domani si compirà invece un autentico massacro di muscoli e cervelli. Già perché i concorrenti all’Ötztaler, l’avrete capito, non sono del tutto normali. Qualche rotella fuori posto non possono non averla. Anzi, forse è proprio questo ciò che li accomuna e li rende solidali nello sforzo titanico che li attende.
Quelli che arriveranno al traguardo saranno allo tremo delle forze. Stremati e con i muscoli in preda a crampi lancinanti, la vista annebbiata e la capacità di connettere ridotta al lumicino. Vorrei suggerire agli organizzatori, ora che ci penso, di includere nel pacco gara, oltre alle barrette e a qualche prodotto tipico tirolese, un buono sconto per l’Aqua Dom, da consumare immediatamente dopo la gara. Sono convinto che l’esperienza di una sauna o – meglio ancora – di una di quelle docce emozionali tanto magnificate dalla brochure diventerebbe qualcosa di indimenticabile. Dopo una gara così ci vogliono giorni, a volte settimane, per recuperare le forze e tornare quelli di prima. Il corpo continua a bruciare calorie, anche dopo l’arrivo, come una stufa in pieno inverno. Un amico nutrizionista sportivo mi ha caldamente raccomandato di andare avanti a mangiare per giorni. Per le persone golose o amanti della buona tavola, certo, l’Ötztaler potrebbe essere una formidabile scusa per abboffarsi.

Solitamente, infatti, i ciclisti, sono sempre emaciati, asciuttissimi, alcuni di loro persino anoressici. Nelle altre gare, quelle “normali”, capita spesso di vederne sciamare per le vie dei paesi la sera prima con i polpacci glabri in bella mostra e le vene delle braccia e del collo sporgenti per la magrezza eccessiva. Quasi una sfilata per persone sottopeso. La bici richiede un consumo di calorie molto rapido e copioso: chi la scopre – soprattutto dopo i quaranta, quando la “panzetta” inizia ad avanzare – ci va a nozze e non scende più. Mai più problemi di peso e per di più facendo una cosa – pedalare – che è goduria pura. Una sorta di elisir di eterna giovinezza e forma fisica perfetta.
Nelle altre gare, quelle “normali” appunto. Non a questa gara. All’Ötztaler Radmarathon i concorrenti, invece, sono mediamente molto più robusti e muscolosi: gli italiani li riconosci subito, perché sono quelli più magri e “apostino” , quasi sembrano intimiditi di fronte ai marcantoni tedeschi e austriaci. Hanno tutte le gambe in ordine: depilate di fresco e ben massaggiate, si portano dietro unguenti e creme riscaldanti di ogni sorta, qualcuo persino il giorno prima viene sorpreso a girare con le calze a compressione, come quelle che usano i professionisti.
I tedeschi invece sono grandi, grossi, trasandati, con look simil- vichingo, se ne fottono di ogni inutile convenevole. Capelli lunghi, barbe incolte, gambe mai depilate, cosciotto robusto e muscoloso. Birkenstock d’ordinanza ai piedi, con o senza calzino, anche se nevica. Bevono birra come se non ci fosse un domani.
L’italiano, di fronte a questo atteggiamento, a lui sconosciuto, rimane spiazzato: si sente qui improvvisamente fuori luogo, tragicamente impreparato. Lo capisce in un attimo: guardando le nubi scure che avanzano e la temperatura che scende e capendo che forse quelle diete ipocaloriche domani a poco gli serviranno. Insomma, un “fighetto” del pedale che forse non ha ancora capito bene cosa lo aspetta. Il giudizio universale a due ruote.
È il quinto anno, ormai, che vengo a Sölden e che partecipo all’Ötztaler: questa cosa l’ho imparata. Qui conta solo una cosa, il resto – le strategie, le tabelle, i calcoli – vanno tragicamente a farsi benedire. La capacità di soffrire. E quella non te la puoi dare, devi averla dentro, innata (TO BE CONTINUED)
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