Ciclismo e Rivoluzione: il mio nuovo libro

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Anni Duemila
No, non è ovviamente questo il titolo del mio nuovo libro. Ancora un po’ di pazienza, ragazzi: due settimane giuste giuste (data uscita, giovedì 11 luglio 2019, a Tour appena partito).
Ma prima, promesso, vi posterò sui social la copertina in anteprima, che è troppo bella, giuro.
Tornando alla Rivoluzione, alla bici e ai tattoo, direi che in questo libro ce n’è saranno a bizzeffe.
Si tratta in fondo di una divagazione sull’anarchia intrinseca dell’andare in bicicletta. Soprattutto negli ultimi anni. Già, perché quante innovazioni (non solo tecniche e tecnologiche), quanti cambiamenti, quante evoluzioni senza regole di cicli, di ciclisti e di “ciclismi” avete visto dal 2010 ad oggi? (che da quell’anno inizierà stavolta la nostra storia, ve lo dico subito: forget Coppi, Bartali e Hugo Koblet).
Beh, e poi “Anarchy”, perché chi l’ha detto che in bici non si possa andare anche sulla West Coast americana, magari in California, dove è ambientata una delle mie serie tv preferite, “Sons of Anarchy”?
L’ho detto tante volte e lo ripeto: se ri-girassero oggi “Easy Rider”, Peter Fonda e Dannis Hopper credo si metterebbero in sella a una bici. E del resto, le nostre “bici da cross” degli anni ’80 cosa altro erano se non dei maledetti chopper camuffati, con tanto di sedile a banana per ospitare un passeggero?
Ma non dico altro. Vi lascio al libro. Ecco la prima (di una serie) di anticipazioni e brevi estratti.
Ci siamo quasi.
Rock (and fuckin’) roll!

 

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80 All’Ora.
Metto lo smartphone sul tavolo del pub e pigio play. Le immagi­ni che scorrono sono quelle di un ciclista che fissa una piccola ac­tion camera sul manubrio della sua bici. La ripresa successiva ce lo mostra già nel pieno dell’azione: sta affrontando una discesa as­solata e tortuosa su una strada della California, va come minimo a 80 all’ora. È in gruppo, si sta allenando con la sua squadra. Lui in maglia bianca, gli altri – i suoi compagni – hanno la divisa nera, bordata di bianco e verde. Caschetti aerodinamici e pieghe da bri­vido. Il video ha un sapore volutamente spontaneo, ricorda i filmati che si trovano comunemente su questa piattaforma o in genere sui social. In realtà, però, a ben guardare, è curatissimo: le inquadra­ture in soggettiva, dalla bici del campione, si alternano ad altre, più tradizionali, fatte chiaramente da un operatore. Una musica rock, adrenalinica e chitarrosa, fa da tappeto sonoro alle immagini. Più che un ciclista che si allena in gruppo, mi pare di avere davanti la sigla di apertura di Sons of Anarchy, una delle mie serie tv preferite… 
(CONTINUA)

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Dimenticavo un’ultima cosa: proposito di “sigla” (e anche di anni ’80): qui trovate la playlist open-source con link diretto a Spotify, l’ho ascoltata allo sfinimento mentre scrivevo. Aiuta a entrare in atmosfera.