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Tourmalet e altri incantesimi – 3
Un mondo parallelo.
Terza e ultima puntata del mio psico-racconto dalla Marmotte Pyrénées. Vi ho portato sul Tourmalet, poi sull’incantata e misteriosa Horquette-d’Ancizan, che mi ha letteralmente stregato, lasciandomi a bocca aperta dal primo all’ultimo chilometro. Ora tocca all’Aspin, altra salita mitica del Tour de France, poi di nuovo al Tourmalet (dal suo versante più duro e nobile stavolta, quello di Sainte-Marie-de-Campan) e infine Luz-Ardiden, dove è posto il traguardo (l’anno prossimo la Marmotte Pyrénées arriverà invece a Hautacam, data, segnatevela: domenica 25 agosto 2019).
Insomma, non siamo giunti nemmeno a metà del percorso, sono nel pieno del Parco Nazionale dei Pirenei. E, per la cronaca, sono già stravolto.
Questa granfondo, che resterà la più dura e affascinante cui abbia mai preso parte, misura infatti “solo” 162 km (poco: ho fatto di peggio!) ma prevede ben 5600 metri di dislivello (mai fatti, tantomeno sognati, nemmeno alla mitica Ötztaler, non alla Sportful, men che meno alla Marmotte Alpes, la sorella maggiore di questa). La salita è talmente concentrata, qui, che non ha senso guardare il contachilometri. Ti trarrebbe in inganno. Sul Garmin devi fissare una sola voce e stampartela bene in testa. Si chiama “Dislivello Complessivo”. Si scala talmente tanto, in questa gara, che il numero di metri accumulati in altezza va per la sua strada, diventa una sorta di corsa nella corsa. Un mondo parallelo fatto di sofferenza e vista annebbiata. Un mondo che se ne fotte altamente del tuo acido lattico e della stanchezza che hai nelle gambe. Per tacere delle borracce che hai bevuto e delle barrette energetiche che hai mangiato (le ho finite tutte).
Quello che segue è il racconto degli ultimi tre colli della Marmotte Pyrénées, laddove ho seriamente, per un attimo, creduto di non farcela. Si parte con le mucche dell’Aspin, si finisce con una Coca-cola a Luz Ardiden.
12:51 – Vive Nibalì!
In cima al Col d’Aspin, terza salita della gara (12 km, pendenza media del 6,5% e punte del 10%) decido di farmi scattare una foto, un gruppo di mucche alle mie spalle non ne vuole sapere di scostarsi, vengo immortalato così. Sull’asfalto leggo le scritte fatte dai tifosi durante l’ultima edizione della Grande Boucle (la diciannovesima tappa, Lourdes – Laruns, è passata di qui, vittoria di Primož Roglič). Rallento per guardarne una in particolare: “Viva Nibali” recita. I boschi lasciano spazio ai prati, siamo abbondantemente sotto i duemila metri, ma la trasformazione del paesaggio sembra quella. Magia dei Pirenei, magia dell’Aspin. La pendenza si attesta attorno all’8% e diventa costante. Martella, non molla mai. Ormai ho più di 3000 metri di dislivello nelle gambe e ho percorso 90 chilometri. Come nelle altre salite, in Francia, ogni mille metri è posto un cartello: indica la quota, il numero di chilometri mancanti alla vetta, e la pendenza media di quel singolo chilometro. A volte aiuta, a volte (parecchie, a dire la verità) scoraggia. Chiacchiero con un italiano, l’unico che mi capiterà di incontrare in tutto il percorso: viene dalle Marche. Mi dice che deve spingere forte in salita perché in discesa non sa andare. A dire la verità mi sembra già in difficoltà qui. È ora di pranzo, in cima al Col d’Aspin scarto a caso uno dei due panini che ho meticolosamente avvolto nell’alluminio: marmellata. Zuccheri, proprio quello che ci voleva. La discesa verso Campan è bellissima, l’asfalto è perfetto, si vede che di qui è appena passato il Tour. Mi attende ora il secondo Tourmalet. Il vero “mostro” di giornata. Ready?
14:42 – Lapize, ancora tu
Sono “solo” 17 chilometri. Pendenza media 7,5%: Un Gavia da Ponte di Legno, mi dico. Già, ma un Gavia, dopo quasi 3500 metri di dislivello, può fare molto male. Il Col de Tourmalet da Sainte-Marie-de-Campan, dal suo versante “storico”, è così. E, quel che è peggio, è che trae in inganno. I primi 5 chilometri sono infatti facili e pedalabili. Gli ultimi 12, invece, cattivissimi. Pendenza media attorno al 9%. Nessun tornate dove rifiatare, solo alcuni paravalanghe sotto cui passo a testa bassa. Sto soffrendo come un cane, sono in crisi nera. Mi viene allora di nuovo in aiuto il paesaggio, la bellezza che salva. Vette aguzze e pietraie lunari, colori scintillanti, e ancora scritte variopinte sull’asfalto. Stringo i denti, raggiungo la vetta e l’agognato ristoro. Mi gira la testa, prima di riuscire a mangiare qualcosa devo fermarmi per alcuni minuti. Lo faccio di nuovo davanti al monumento che celebra Octave Lapize. Penso a lui, ma soprattutto penso a Peter Sagan: durante l’ultimo Tour de France, ferito per una caduta e incerottato, lo slovacco è salito di qui soffrendo come l’ultimo dei gregari, lottando contro il tempo massimo. Rispetto. Il mio Garmin è spietato: ho percorso 126 chilometri e coperto 4600 metri di dislivello. Ma il bello è che manca ancora una salita alla fine.
Mangio il secondo panino, bevo e mi sforzo di non pensare. La discesa verso Luz-Saint-Sauveur è di quelle da urlo.
16:43 – Coca-cola, please
È brutale vedere, mentre stai soffrendo in salita, i concorrenti che scendono con la medaglia già al collo. Eppure è quel che succede. Come alla Marmotte Alpes, infatti, anche alla Marmotte Pyrénées il traguardo è posto sadicamente in cima a una salita: è Luz-Ardiden (1668 metri), rinomata stazione sciistica nel cuore dei Pirenei.
Prima di dire “è fatta” devo perciò scalare altri 14 chilometri, coprire altri 1000 metri di dislivello, e, quel che è peggio, vedere sfrecciare di fianco a me chi ha già finito e corre verso la doccia.
Vorrei buttare la bici nei campi e fiondarmi in una brasserie del centro di Luz. Invece continuo a pedalare, come in trance. A metà ascesa, ecco un tratto di 3 chilometri, tutti tra il 9 e l’10%. Un belga di fianco a me si ferma all’improvviso: è vittima dei crampi. Sgancia i pedali e si getta nel prato. Non lo vedo più.Sembra la fine, eppure, di minuto in minuto, la distanza tra me e l’impresa si assottiglia. Faccio gli ultimi tornanti di questa meravigliosa gimcana che mi ricorda lo Stelvio, quasi in scioltezza. Poi, a un tratto, con la coda dell’occhio scorgo un gonfiabile giallo: è quello del traguardo di Luz-Ardiden. Penso a mille cose adesso, tutte assieme. Senza che me ne accorga, il chip suona un’ultima volta sul tappetino. È fatta. 162 chilometri e 5600 metri di dislivello irripetibili: 9 ore e 13 minuti di bici, pause incluse. Ora datemi una coca, ghiacciata, please.
Look Granfondo Marmotte Pyrénées:
- Percorso: unico
- Distanza: 162 km
- Dislivello: 5.600 m
- Difficoltà: estrema
- Data: 25 agosto 2019
- Info e iscrizioni: marmottegranfondoseries.com
La mia traccia su Strava
Leggi la 1 puntata
Leggi la 2 puntata
Leggi il mio ultimo libro “Gli italiani al Tour de France” (Utet 2018)
Foto:
1 – Luz-Ardiden (1668 m. slm): ultimi tornanti prima del traguardo
2 – le mucche sull’Aspin
3 – Col du Tormalet (2115 m. slm): la lunga discesa verso Luz-Saint-Sauveur
4 – tratti al 9 e 10% verso l’ultima fatica
5 – il traguardo: è fatta!
6 – la maglia da finisher ha sempre il suo fascino
7 – screenshot dal telefonino sulla schermata di Strava (very proud)
©ciclistapericoloso (tutti i diritti riservati)
(il racconto completo è anche su Cyclist di ottobre in edicola).