C’era vento a favore.

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Metti un Turchino tra inverno e primavera. 
Ma siamo sicuri che sarà stato poi così a favore, quel vento?
Lui fece cenno di sì a chi gli fece notare che aveva tenuto la media più alta della storia di quella corsa. Solo questione di vento, a favore, appunto. Nient’altro che quello.
Sabato si corre la “Classicissima”, la Milano – Sanremo, la prima delle cinque “Prove Monumento” della stagione ciclistica. Per vincerla – ho sempre pensato – ci vuole un certo X Factor.
Non basta esser forti, preparati, in forma. Peggio che mai poi finire nel pallottoliere dei famigerati “favoriti” per i media. In quel caso sei spacciato, matematico. Per vincere la Sanremo ci vuole invece un’attitudine speciale. Uno asso nella manica nascosto, sotto la maglia, tra le gambe e il cuore, a bagno maria nell’acido lattico. Non tutti i ciclisti ovviamente ce l’hanno. Sarebbe troppo facile. Ma anche tra i papabili storici favoriti, solo un ristretto gruppo sembrerebbe avercelo. Quante delusioni e, viceversa, quanti exploit. Merckx a parte, che la vinse 7 volte.

Una corsa un po’ pazza, come la primavera. Apparentemente facile e veloce. In realtà infida e incerta.
Metà in inverno, metà già in estate. Metà in salita, metà in discesa. Metà per velocisti, metà forse no, chissà. Qualcuno dice persino per chi sa attaccare appena la strada s’impenna, al momento giusto. Magari sulla Cipressa, la “cima” storica di questo evento.
La Sanremo è questione di fiuto, quello strano sapersi orientare tra le brume di una pianura Padana ancora in inverno (anche se quest’anno sembrerebbe di no) e i primi raggi di sole, col profumo dello iodio nelle narici. Insomma, per vincere la Classicissima ci vogliono forza, coraggio, culo. E ovviamente, vento a favore.
Sotto allora, con la storia di un suo vincitore, il più insicuro di sempre.
Fino a un centimetro dal traguardo era il primo a non crederci. Si voltò più volte, a cercare persino la sua ombra. No Gianni, sta tranquillo, hai vinto tu.

Storia di 45,806 km all’ora.  
Arrivati a Imperia, un giovane siciliano ruspante, Canzonieri, rompe gli indugi e scatta in faccia a tutti. Tu lo segui senza pensarci. Ai piedi della Cipressa, la penultima salita, quella dove spesso si decide questa gara, lo molli come fosse una zavorra e ti inerpichi da solo. Oggi sei di una sicurezza disarmante. Alle tue spalle hai fatto il vuoto, lasciando a bocca aperta gente del calibro di Saronni, Fignon, Argentin e Greg LeMond. Praticamente mezza storia del ciclismo recente. Sei una cannonata. Altro che indecifrabile.
La maglia della tua squadra, la Chatau d’Ax, è bianca rossa e nera. Ecco, quelli sono gli unici colori che si vedono sull’asfalto. Nient’altro. La fuga perfetta, quella che ogni ciclista sogna fin da bambino.
Eppure, sul più bello, quando capisci che stai per vincerla davvero, ecco la tua dannata insicurezza.  Manca un chilometro all’arrivo, hai dieci secondi di vantaggio sul primo degli inseguitori, ma cominci a dubitare di te stesso. “Oddio, ommamma, ma siamo sicuri di vincere? Forse è meglio pensarci ancora un po’”, sembri dire.
Nella fattispecie il dubbio si manifesta con un gesto: ti volti continuamente, una, due, tre volte. A guardare se dietro è per caso sopraggiunto qualcuno, quasi cercassi compagnia, come se di tutta quella solitudine da uomo solo al comando ne avessi abbastanza. E qualcuno c’è, è un tedesco, di cognome fa Gölz e mano mano prende coraggio, fiutando la tua insicurezza. Si avvicina così con fare bellicoso. Scatta, aumenta la pedalata, pensa che l’impresa sia ancora possibile. Adriano De Zan, il commentatore della tv, ha già congelato gli entusiasmi: “Finale drammatico!” grida. Addirittura?
No, l’allarme rientra in un istante. Dopo tutto, mancano solo cinquecento metri, Gölz non ce la fa a recuperare, arranca. Il traguardo di via Roma, in mezzo a due ali di folla è solo tuo, scivoli via elegante e composto sotto lo striscione dell’arrivo. Niente volata. Chiudi gli occhi e ascolti il rumore del mare, così bello e impetuoso. Hai vinto la Milano – Sanremo, da oggi diventi un grande ciclista. Sicuro di sentirtela?  
Mentre raggiungi l’area premiazioni, i giornalisti fanno a a gara per metterti il microfono davanti al naso. Il tuo sguardo è assente, quasi terrorizzato. Muori dalla voglia di scappare da lì a gambe levate, c’è da scommetterci.
Ma loro ti anticipano e infieriscono: “Signor Bugno, lo sa che oggi ha tenuto la media oraria più alta in assoluto della storia della Milano- Sanremo?”
“Ah sì, davvero?  E quale sarebbe?”
“45,806 chilometri all’ora!”
“C’era vento a favore”.
In quella risposta, in quel vento a favore, c’è tutto Gianni “fottutamente insicuro” Bugno. Il campione che non si era mai accorto di esserlo, l’uomo da grandi classiche e corse a tappe che pensava di non essere tagliato per nessuna delle due. L’uomo indecifrabile che non voleva farsi decifrare. (…)

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