Alba.

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E così mi sono messo a scrivere un libro.
Già.
Il fatto è che, adesso, la cosa, mentre la leggo, mi risuona così strana: importante, maledettamente seria. E io, io mi sento tremendamente impacciato, per non dire quasi inadatto a farla. Quasi stessi salendo lo Zoncolan con il 50.
Poi però mi fermo e mi dico: “Diavolo, sto scrivendo un libro sulla bici!” Che vuoi di più?
Il sogno di una vita.
E infatti non voglio niente, niente di più. Niente più di questo: scrivere, spiegare perché vado in bici. Raccontarlo, anche, e, forse soprattutto, a chi in bicicletta ancora non ci va. Anzi: a chi forse non ci andrà mai.
Mettergli il dubbio, fargli venire voglia, dimostrargli che una bicicletta può cambiarti la vita.
Così, credo, almeno, sia stato per me. Ma di persone cui questo strano incantesimo è capitato, lungo le strade, su e giù per i passi, in griglia alle granfondo, ne ho conosciute tante. Così tante che c’è da chiedersi se il vero ciclismo, quello vivo e pulsante, non sia lì. Anziché al Tour de France o al Giro d’Italia.
In mezzo a quella gente che ogni domenica, ma anche ogni martedì e giovedì, persino tutti i giorni, punta la sveglia prestissimo e si alza. Sì. è vero: è ancora buio, c’è la nebbia, le strade sono umide. C’è da rabbrividire solo a guardarle. Da tuffarsi a capofitto indietro: sotto le coperte.
Eppure no. Ci si alza lo stesso. E non si cambia idea. Come mossi da un’urgenza impellente: quella di “uscire”, per fare fatica, per sentire il sudore scorrere lungo le tempie, il fiato farsi affannoso lungo una salita, le gote imporporarsi. In una parola: per sentirsi bene. Per stare a posto con sé stessi, per sentirsi in equilibrio. Alive and Kickin’. Come dicevano Jim Kerr e soci.
E allora, dai: sotto a scrivere. Sarà l’avventura più bella di sempre.
E voi, mi raccomando: non allontanatevi troppo. E se vedete che mi cade la penna, tiratemela su.

PS: dimenticavo, nei prossimi mesi qui troverete anticipazioni, foto, racconti, approfondimenti e riflessioni su ciò che il libro sarà. Una sorta di ciclo-officina letteraria. A metà strada tra una macelleria e il garage dove tenete i rulli.

(CONTINUA, ECCOME SE CONTINUA).