Rock come l’Izoard

Ci sono strade che sembrano uscite direttamente da una canzone di Springsteen. Una di queste, percorsa in bici l’estate scorsa, è sicuramente la Route des Grand Alpes. Nello specifico, il lungo il tratto che da Briançon conduce in cima al Col de l’Izoard (2360 m.). Laddove regna indisturbata la natura più estrema, Ovvero la Casse Deserte. Luogo lunare e metafisico per eccellenza.
Benvenuti nel quinto capitolo, e quinto colle, del mio ultimo libro Tornanti e altri incantesimi (Enrico Damiani editore 2021), che stravolta parla anche un po’ di rock n’ roll. Il col de Izoard vi attende. Buona strada, e, soprattutto, buona musica.

Thunder Road
A proposito di fuggire, credo che, se c’è un modo perfetto per capire il senso delle canzoni di Springsteen, sia proprio quello di mettersi in viaggio, ovviamente in bicicletta. L’importante è muoversi, salire e partire, come diceva Mike Hall.
Da ragazzo, infilavo le sue cassette nell’autoradio, giravo le chiavi, mettevo in moto, e immediatamente mi sembrava che quelle prendessero vita. Diventavano la colonna sonora della strada che avevo davanti. Le aveva scritte per me.
Oggi che il mio mezzo di trasporto è la bici, la mia macchina intesa in senso springsteeniano, le cose non sono affatto cambiate. Anzi, grazie al fatto che il motore sono io e i miei muscoli, senza altre mediazioni, si sono forse ulteriormente potenziate. Ogni volta che pedalo, specie quando devo attraversare la mia città la domenica mattina per dirigermi verso le amate alture della Brianza, la colonna sonora diventa fondamentale. Attenzione, non sono di quei ciclisti che pedalano con le cuffie e Spotify connesso. Anzi, oltre a trovarlo pericoloso, non amo affatto privarmi dei suoni e dei rumori della strada. La colonna sonora di cui parlo è quella che proviene appunto da lei. Dalla strada, dalla speranza.
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La bici per me è sempre stata musica.
Mentre pedalo, tutto mi sembra che risuoni. I paesaggi, le sensazioni, la fatica si mescolano tra loro come ingredienti magici fino a creare una melodia armoniosa e coerente. Non è sempre la stessa. Varia a seconda del luogo, dell’ora, dello stato di forma, del meteo eccetera.
Se ripenso alla musica dei 7 Majeurs, non per tutti i passi è stato semplice individuarla: l’Izoard mi ha dato qualche grattacapo in più rispetto agli altri sei. È un luogo talmente anomalo e speciale che sembra trasmettere una vibrazione più che una vera e propria musica. Qualcosa che coinvolge sia il corpo sia lo spirito e che mette i brividi. Un insieme indistinto di sonorità diverse.
Quella che porta in cima ai 2360 metri dell’Izoard è una parte della famosa Route des Grandes Alpes, concepita fin dall’origine come strada panoramica e turistica per fare scoprire agli automobilisti le bellezze di questa zona delle Alpi francesi. Non era una via di collegamento o di commercio, ma un semplice invito al viaggio, alla fuga, alla contemplazione. Come una canzone di Springsteen.
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Lungo la statale 94
Procedendo in fila indiana, lungo la statale 94, abbiamo seguito le indicazioni per Briançon. Una ventina di chilometri piatti e noiosi, che ricordano più una highway del New Jersey che una strada di montagna.
Il vento era teso, ovviamente contrario, mi domando quando mai per un ciclista sia a favore. La strada dritta, una linea retta, in leggero falsopiano. Fortuna che Max, da buon passista, si è messo davanti e ha acceso il turbo, esibendo tutta la potenza dei suoi garretti. In quel tratto, sono riuscito a stargli a malapena a ruota e quando ho provato a dargli un cambio, uscendo allo scoperto, con il vento in faccia, ho rischiato l’asfissia.
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Quanto sia paesaggisticamente tenebroso e metafisico il col de l’Izoard lo aveva capito bene per primo il ciclista francese Apo Lazaridès. Altro eroe della Golden Age delle due ruote, quella di Coppi e Bartali. In fuga solitaria verso la vetta, al cospetto del panorama inquietante della Casse Déserte, aveva preferito fermarsi ad aspettare gli inseguitori. Non se la sentiva di andare avanti da solo, in avanscoperta, su per quella montagna tetra e lunare. Era intimorito dalla possibilità, non tanto remota, di incrociare degli orsi.
Sull’Izoard, tutto diventa più estremo. Vale per i pro, figuriamoci per gli amatori.
Se con la pioggia lo scenario prende un’aria lugubre e solenne, con il sole tutto diventa una specie di miraggio d’alta quota. Paragonabile, forse, tra le salite nobili del ciclismo, al solo Mont Ventoux.

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foto: 1,3 ©ciclistapericoloso – 2 https://brucespringsteen.net/