La Forza Tranquilla.

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Vincenzo Nibali, l’uomo che non soffriva.
Un’assurda caduta all’Alpe d’Huez, un intervento chirurgico, diverse settimane di stop. Eppure Vincenzo Nibali combatte. Non ha mai fiatato, non si è mai lamentato, non ha mai fatto polemica. Questa calma, questa “forza tranquilla” mi stupiscono ogni giorno di più. Sono quelle di un campione completo, che ha imparato a gestirsi forse ancor prima psicologicamente che fisicamente. Non a tutti riesce, a lui sì. Nibali che soffre come un gregario alla Vuelta portando le borracce ai compagni, Nibali che prova ad attaccare quando meno te lo aspetti. Nibali che ha davanti a sé un Mondiale che pare disegnato apposta per lui, sa che se gli sfugge difficilmente l’occasione si ripresenterà (non è più un ragazzino), eppure, sempre per quella dannata caduta all’Alpe, per quella vecchia ferita da combattente italiano al fronte che non ne vuole sapere di rimarginarsi, non sa in che condizione ci arriverà a quel Mondiale. Maledetta vertebra, maledetta cinghia di una macchina fotografica, verrebbe da dire. E invece lui sta zitto, soffre in silenzio, persino sorride a chi lo intervista. È calmo come non lo è mai stato.
Mi fermo un attimo a riflettere su questo ciclista, spesso troppo frettolosamente sottovalutato in passato e su questa sua nuova veste matura. La calma dei forti.
Per farlo vi riporto le pagine a lui dedicate dal mio ultimo libro “Gli italiani al Tour de France”, quando, nel magico luglio del 2014, vinse, nel fango di Arenberg, la Grande Boucle, ma soprattutto quando capì, io credo, che era diventato davvero forte, maturo, campione dentro. La calma e la forza tranquilla, forse, gli arrivano proprio da lì. Enjoy.

In miniera!
(Arenberg Porte Du Hainaut, 9 luglio 2014)

Le gocce di pioggia mi picchiettano insistenti sul casco, le scarpe sono fradice e i piedi, ormai, non li sento più. È commovente vedere i miei compagni dell’Astana, tutti in divisa azzurra ormai diventata marrone, che mi scortano. Sanno quale è la posta in palio. Se resisto oggi, questa maglia posso anche pensare di portarla per qualche giorno in più. Dalle campagne incolte qui attorno si solleva una bruma densa e vaporosa, e vagamente inquietante. Mai visto un fenomeno del genere a luglio. Mi pare quasi di scorgere, avvolti dalla condensa, gli spettri dei vecchi minatori che abitavano questa zona.
Eppure, lo confermo, oggi sento una strana forza in me. Un coraggio che non avevo mai provato. Più i miei avversari, quel Froome e quel Contador su tutti, vanno in crisi, e più mi sento forte, dirompete. Guardate ad esempio ora: vado all’attacco. Sciabola sguainata qui sul pavé del Carrefour. L’anno scorso ho vinto il Giro d’Italia, due anni fa qui al Tour sono arrivato terzo, dietro Wiggins e Froome, ma le mie imprese le ho quasi sempre costruite in salita. Se oggi vado così anche su queste mulattiere piatte, quasi quasi mi viene la tentazione di vincere.
(…)
Mi dicono di menare più forte sul pavé? Io eseguo. Aumento il ritmo con una spietatezza che non mi conoscevo. Lo “Squalo dello stretto”, come sono soprannominato, del resto è un animale cattivo.
Sto con i fuggitivi, caracollo adesso sul pavé, le sue irregolarità gibbose mi sono compagne. Sento amiche queste increspature martoriate dal vento e dagli zoccoli dei cavalli. Le curve del Carrefour de l’Arbre sono secche, quasi delle inversioni. Sono capaci di tramortire anche il più navigato dei ciclisti. Ma io mi destreggio abilmente, stupisco il pubblico: evito cadute, guardo semmai altri soccombere nelle pozze davanti a me. Scruto le loro manovre avventate e ingenue e resto a galla. Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Li scanso, uno ad uno e li evito. No che non mi faccio tirare giù da loro. Che cadere qui, in mezzo a questo fango contagioso, è come andare all’inferno senza biglietto di ritorno. Allungo, e poi scatto di nuovo. Salto due pozze sollevando il manubrio, prendo la curva malefica del Carrefour e resto in sella. Appare un miracolo a chi mi vede in tv, ma in realtà è tutto perfettamente sotto controllo: sono una iena. Altro che squalo.

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Immagine: Søciety6