Tanti auguri a te!

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Il garzone del salumiere
Oggi è il compleanno di Fausto Coppi. Nasceva esattamente 98 anni orsono in quel di Castellania. Tra un campo e una stalla, in mezzo a mucche e maiali. Sapeva che avrebbe fatto fatica, probabilmente tutta la vita. A capire per primo che sarebbe diventato un fenomeno fu Biagio Cavanna, ex pistad, che però – ironia della sorte – aveva perso la vista. Eppure ci vedeva benissimo, soprattutto in fatto di muscoli.
Così Fausto, quel ragazzo smilzo dall’aria pallida, se l’era fatto segnalare dai suoi galoppini: portatemi qua quello che dite che va forte, il garzone del salumiere. E lui non si era fatto pregare. All’appuntamento nell’antro di Cavanna c’era andato.
Coppi vinse 5 Giri d’Italia, primato che condivide solo con Alfredo Binda e Eddy Merckx, 2 Tour de France, 5 Giri di Lombardia (è bene ricordarlo, visto che siamo in zona), 3 Milano-Sanremo, 1 Parigi-Roubaix, 1 Freccia-Vallone, fu campione del Mondo, primeggiò su pista e stabilì il record dell’ora. Un ciclista incredibilmente completo. Molto più robusto e sicuro di quanto il suo sterno carenato e sporgente (un po’ come quello di Nanni Moretti) potesse lasciar presagire. Biagio ci aveva “visto” giusto.
Ecco allora, in omaggio al suo compleanno, un piccolo brandello della sua storia, direttamente dal mio ultimo libro “Storia e geografia del Giro d’Italia”. Il tutto corredato da foto di mia realizzazione, direttamente nella sua abitazione,  a Castellania. Signore e signori, è con noi il campionissimo Fausto Coppi. Ora potete spegnere – voi per lui – le candeline.

 

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Biagio, Costante, Learco. 3 parole magiche.
La famiglia del giovane Coppi, contadini e allevatori, aveva invece deciso in fretta il suo futuro: macellaio, un lavoro vero. Così lo avevano mandato “a bottega” a Novi. Assistente salumiere, con un avvenire assicurato. Se non fosse che Novi per il ragazzo voleva dire anche un’altra cosa: la bicicletta e, nello specifico, un nome, Costante Girardengo. Ovvero, il ciclista più forte e più bello che Dio avesse mandato in terra. Un idolo fatto e finito per insicuri come lui. Costante è quello che ti fa sognare la sera prima di andare a letto ed è il tuo primo pensiero la mattina quando ti alzi. Imitarlo e sperare di diventare un giorno come lui è e si vuole sopravvivere in mezzo alla nebbia di queste parti. Un po’ come sognare Mick Jagger per un diciasettenne nella Londra fumosa degli anni Sessanta. La luce in fondo al tunnel. Altro che affettare prosciutti e battere bistecche, Fausto Coppi a Novi andrà tutto il giorno in bicicletta, a fare la sua piccola rivoluzione a pedali.

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Le gambe di Fausto sono lunghe e affusolate, a differenza del corpo che pare schiacciato, quasi infossato sulla sella. Sembra che Coppi pedali stando seduto all’indietro, quasi fosse in poltrona, tanto sono lunghe le sue gambe. E invece è avanti anni luce. Mai si era visto un ciclista pedalare in quel modo così strano ed elegante.
Di quelle gambe longilinee e interminabili se n’era accorto per primo Biagio Cavanna, massaggiatore di Novi, lo stesso – guarda caso – di Costante Girardengo.
Biagio ha una caratteristica che lo rende inquietante e affascinante allo stesso tempo: non vede. È cieco. Lo è divenuto col tempo, dopo essere stato da giovane un fenomenale pistard. Eppure, come sa leggere lui i muscoli e i tendini dei campioni non li sa leggere nessuno.

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Biagio è una sorta di guru o vate dell’anatomia umana, si aggira per i paesini della bassa in cerca di campioncini in erba. Lo fa sempre circondato dai suoi “scagnozzi”: per forza, loro devono vedere per lui e segnalargli poi i ciclisti papabili. Biagio se ne sta là, chiuso nel suo cappotto e bofonchia di tanto in tanto qualcosa nell’orecchio dei suoi compari: “portatelo da me, domani, alle sette in punto”. Solo tastando e massaggiando riesce a a capire se il materiale è buono. Se il campione si farà o se diventerà carne da macello.
Così aveva fatto anche con Fausto. Lo aveva fatto chiamare dai suoi, senza preavviso, un giorno qualunque: “portatemi quel macellaio che c’è giù in paese, quello nuovo che viene da Castellania, il figlio dei contadini”.
“Quale esattamente?”
“Quello che si crede di essere Girardengo”.
Avevano capito al volo.

 

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Coppi lo avevano prelevato di forza dalla bottega, mentre incartava mortadella. Via con il grembiule ancora indosso. Quasi si trattasse di un regolamento di conti, lo avevano portato con loro di fretta e furia. Fausto si era persino spaventato e aveva chiesto spiegazioni: “come, perché vogliono proprio me? Cosa ho combinato stavolta?” Nessuna risposta.
Appena arrivato nell’antro di Cavanna, lo avevano spinto in avanti con una pedata, quasi facendolo cadere. Biagio l’aveva afferrato al volo per un braccio e lo aveva fatto sdraiare sul lettino. Prima lo aveva fatto parlare: “che mestiere fai?” anche se già lo sapeva, voleva sentirlo dire da lui, con le sue parole.

 

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“E il papà cosa fa? E la mamma? Cosa mangi? C’hai la fidanzata?” Colloqui preliminari: se aveva la fidanzata, allora non andava bene. Avrebbe fatto sempre tardi la sera e poi la mattina non avrebbe avuto forza nelle gambe.

 

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Dopo le domande, Biagio, da navigato Omero dei pedali quale era, aveva preso a tastargli i muscoli, quasi fosse un aedo cieco ispirato non si sa da quale musa. Gli aveva fatto piegare le ginocchia, ruotare le cosce, flettere i polpacci e li aveva poi paragonati alle idee platoniche nella sua testa. E cioè ai muscoli perfetti di Learco Guerra e Costante Girardengo, i “prototipi” anatomici che si potevano soltanto imitare. Gli dice allora che lui è a metà strada tra quei due: Costante e Learco. Coppi quasi non ci crede, gli gira la testa. Ma non è finita. Il cieco aedo, colpito da quei tendini prodigiosamente elastici, aveva sentenziato: “Mangia solo carne, bevi poco e la sera va’ a letto presto, diventerai un grande campione”.
Fausto: colpito e affondato. (…)

Continua a leggere di Coppi nel capitolo “Abetone” di “Storia e geografia del Giro d’Italia” (Utet 2017)

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Photo credits: ©ciclistapericoloso