
Tag
il mare che era montagna.
Dolomiti, voce del verbo “salsedine”.
Domani il Giro 100 toccherà le Dolomiti. Il posto più bello del mondo. Nello specifico vedremo esibirsi passo Pordoi, passo Valparola – uno dei miei preferiti in assoluto – e passo Gardena – che solitamente faccio al contrario, durante la Maratona dles Dolomites (cui prenderò parte, come ogni anno, tra poco più di un mese).
Le Dolomiti sono il luna park di ogni ciclista che si rispetti. Arrivi, scendi dall’auto, scarichi la bici e sei già in mezzo ai boschi, a sentire quel caratteristico odore di legna tagliata che c’è solo lì. A respirare quell’aria sottile e primordiale che fluttua tra i campanili bombati delle chiese ladine.
Le Dolomiti sono uno stato della mente, una categoria dello spirito, un modo di essere. Chi ci va, poi non può più farne a meno. Provare le alpi francesi? Sì belle, però… E i passi Svizzeri? Meraviglia, ma io ho un appuntamento a Corvara. E i Pirenei? Si mangia male.
Ogni scusa è buona per non cambiare montagna.
Bene, domani, dicevamo, il Giro d’Italia numero 100 toccherà questa terra inquieta e ancestrale dove le montagne sono tutto tranne che perfette. Lontane da quella forma classica, a punta, che i bimbi disegnano sui quaderni di scuola quando sono piccoli.
Le Dolomiti sono diverse dalle altre, scontrose, fin quasi inquietanti, soprattutto quando ci si scatena sopra un temporale. Da aver paura. Uno spettacolo nello spettacolo. Il filosofo Immanuel Kant direbbe “sublime”. Leopardi che “per poco il cor non si spaura”. Alice cercherebbe disperatamente il Bianconiglio.
C’è un solo posto sulla terra che me le ha ricordate. Il Grand Canyon in Arizona, decine di migliaia di chilometri da qui, praticamente dall’altra parte del mondo. I colori che ci sono lì al tramonto, però, tra l’arancio e l’ocra, sono gli stessi che ho visto, in certi momenti, attorno al Gruppo del Sella. Che ci crediate o meno. Quei due “rim” (i bordi del Canyon), scavati a suon di schiaffi dal Colorado, laddove i coyote ululano e i serpenti a sonagli mettono su casa, sono come le pareti di roccia scoperte da Déodat Dolomieu tanti anni fa. Colui che (molto dopo, grazie a una rivista inglese) diede il nome alle Dolomiti.
Posti dove stare immediatamente bene. Come al mare. Magia del calcare, incantesimo di un’antica barriera corallina.
Poteva un posto così mancare nel mio ultimo libro “Storia e geografia del Giro d’Italia”? Io dico di no.
Allora, andiamo a conoscerle da vicino, queste benedette Dolomiti che tanto ricordano il Grand Canyon e che profumano di iodio e stelle marine. Guantate un paio di infradito e mettete in acqua il pedalò, che un tuffo mi sa che lo facciamo.
Non si potevano disegnare.
Se vi dicessero che qui una volta era solo mare, ci credereste? Certo, non quello con gli ombrelloni e i pedalò cui siamo abituati, ma una distesa d’acqua molto più cupa, scura e inquieta. Un mare primordiale che con le sue onde incessanti è stato capace di scavare solchi profondi chilometri e soprattutto innalzare scogliere alte più di tremila metri.
Eppure è proprio così. Queste sono le Dolomiti, bellezza. Patrimonio dell’UNESCO, sono le montagne più belle e amate al mondo. Quelle per cui i turisti fanno la fila dodici mesi all’anno, d’estate come d’inverno, lungo le strade che salgono ai passi o in coda agli skilift. Un’antica barriera corallina, esattamente come quella delle Bahamas, nata e cresciuta qui centinaia di milioni di anni fa. Chi l’avrebbe mai detto?
Il nome Dolomiti deriva da “dolomia”, una roccia particolare, fatta di carbonato doppio di calcio e magnesio, scoperta da un francese, Déodat Dolomieu.
Déodat aveva capito per primo che queste montagne non erano normali, ma erano diverse da tutte le altre. Fatte di un materiale speciale e raro, “polvere di stelle”, capace di renderle al tempo stesso belle e fragili, dolci e possenti. Di uniche al mondo.
Prima che una rivista inglese decidesse di rompere gli indugi e chiamarle in suo onore “Dolomiti”, erano note semplicemente come “Alpi Veneziane o Tridentine”. Insomma, “quelle montagne là”, tra Veneto e Trentino. Una cosa di poco conto, quasi insignificante rispetto all’eleganza sontuosa e perfetta di montagne come il Cervino o il Monte Rosa.
Del resto, da una formazione di origine calcarea, nata da coralli, conchiglie e alghe, che cosa ti aspetteresti?
Il cuore pulsante delle Dolomiti è il Massiccio del Sella, un imponente e scultoreo ammasso di rocce, dove si incrociano tutte le catene montuose della zona: il Puez-Olde, il Sassolungo-Catinaccio e la Marmolada. Un crocevia imprescindibile di pietre e ghiaioni che sale ritto e verticale, senza dolcezza, dove numerose sono le frane e i detriti. Quasi brutale. Sembra un tronco d’albero tagliato di netto a metà da un gigante cattivo e nerboruto. Se ti piacciono le montagne perfette, come quelle a forma di triangolo che i bambini disegnano sui quaderni di scuola, allora sta alla larga dalle Dolomiti. Non le amerai. Così meravigliosamente irregolari e imperfette, lontane mille miglia dalla forma “classica”. Forse più torri che monti, più sculture che alture. Il gruppo del Sella ne è un esempio lampante: un’enorme distesa di rocce, massiccia e larga, poi improvvisamente appuntita e stretta in alto. I geologi chiamano tale fenomeno “Cengia”: in pratica, una fascia rocciosa spessa che produce un salto tra un potente corpo sottostante e uno più sottile che la sovrasta. Se lo guardate bene, il massiccio del Sella, è così. Una montagna a strati.
Al tramonto prende colori che le altre montagne nemmeno si sognano. Rosa, giallo, persino arancione. Ad alcuni ricorda addirittura il Grand Canyon dell’Arizona. Ad altri immaginarie distese lunari. Tutti però concordano: questo è un altro mondo sceso sulla terra.
Elencare i quattro passi che girano attorno al gruppo del Sella è come snocciolare la formazione dell’Italia di Bearzot: Sella, Gardena, Campolongo e infine, lui, il centravanti di, il Pordoi.
Il Giro d’Italia di qui ci è transitato mille volte. Ne ha fatto man bassa delle Dolomiti. Si fa prima a dire quando non ci è passato che il contrario. Ogni anno, alla presentazione del nuovo tracciato, si aprono le scommesse: quest’anno sarà Pordoi o Sella? Gardena o Campolongo? O magari tutti e quattro insieme?
È una storia d’amore irripetibile quella tra il Giro e il gruppo del Sella. Vi basterà entrare in un rifugio qualunque, di quelli appostati su questi passi per ascoltare leggende e aneddoti che hanno dell’incredibile. Alcuni veri, altri, come è ovvio, assolutamente inventati.
Continua a leggere le Dolomiti su “Storia e geografia del Giro d’Italia” (Utet 2017)
Tutti i materiali su “Storia e geografia del Giro d’Italia” li trovi qui
Photo credits: Pixabay
PS: E per parlare di Dolomiti e altri 20 luoghi del Giro, l’appuntamento è per domani (giovedì 25 maggio), ore 19, in via Fiori Chiari 9, a Milano, nel nuovo Rapha Pop Up Store. A farmi compagnia, ci sarà Luca Gregorio di Bike Channel Sky. Il Pordoi è avvisato.