La Grande Bellezza.

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Una questione di fortuna.
Esiste al mondo un paese più bello dell’Italia?
Credo di no. Onestamente. E non penso di essere retorico nel dirlo, giuro. Anche perché in questo  suo essere bella, non c’è nessun merito. Tutta fortuna. Sfacciata per altro. Le è capitato semplicemente di nascere proprio lì, in mezzo al mare, lunga e stretta. Con poco spazio a disposizione per mettersi il trucco. Eppure è venuta bene. Anzi benissimo. Incastonata tra placche che avevano deciso di corrugarsi proprio in quel punto; laghi e fiumi che avevano scelto proprio quel lembo di terra per formarsi; civiltà, artisti, storie pronte a nascere solo e soltanto a quella determinata latitudine. Non altrove.
Che culo.

Era tutto così “tanto”.
Una terra così piccola eppure con un numero così elevato di meraviglie. E dove cavolo d’altro la trovi? Una varietà di paesaggi impressionante, una ricchezza di cose da vedere e in cui perdersi che c’è da mettersi le mani nei capelli.E qualcuno lo fece pure.
Goethe per esempio. Il grande drammaturgo tedesco diceva che, soltanto a Roma tanto per dire un posto, non sapeva dove sbattere la testa. Si alzava la mattina e non sapeva da che parte cominciare: Colosseo? Fori Imperiali? Cappella Sistina? Cosa vedere, su cosa soffermarsi di più, da che cosa lasciarsi incantare? Era tutto così “tanto” che ne usciva stordito. Gli ci vollero mesi, anzi anni, per abituarsi alla grande bellezza.
Perché, lui diceva, ciò che in altri luoghi devi andarlo a cercare, in Italia te lo trovi tutto concentrato magicamente nello stesso posto. Un incantesimo speciale.
Come diavolo era possibile, si chiedeva il giovane intellettuale tedesco.
Il viaggio in Italia all’epoca – e stiamo parlando della fine del 1700 – era un must imprescindibile per i rampolli delle buone famiglie. Un viaggio”educativo” da fare a tutti i costi. Capace di accrescere e perfezionare la formazione di un giovane. A contatto con l’arte, la cultura e i paesaggi italiani, avrebbe fatto prendere aria ai propri polmoni. Ne sarebbe tornato più carico di ossigeno. E di quello buono. Col profumo dei pini delle Dolomiti e degli agrumeti di Sicilia dentro.
Goethe intraprese allora occhi chiusi il suo viaggio in Italia, senza avvisare amici e parenti. Quasi una fuga. Per cercare qualcosa o forse, solo e semplicemente, per ritrovare se stesso. Ci riuscì. Un po’ come capitò a Dante nella Divina Commedia. Anche quello un viaggio. Del resto, occorre prima perdersi per poi ritrovarsi.
Forse, sotto sotto, ne avevo bisogno anche io. Per questo ho scritto un nuovo libro.

Indizio n.1 sul #NuovoLibro
E veniamo a noi. Indizio numero uno sul #NuovoLibro: si parlerà e tanto di Italia.
Quando ho iniziato a scriverlo ci tenevo a raccontare una storia che mi consentisse di andare in giro in lungo e in largo per questo paese. Quasi una scusa.
Il girovagare non è stato solo fisico, ma anche, anzi soprattutto, mentale e psicologico.
Ho curiosato, letto, spiluccato, visto, ascoltato, intervistato. Mi sono immerso in un mare e  forse non ne sono ancora uscito adesso. Ma che bello, ragazzi.
Beh, che altro aggiungere? Ah già, dimenticavo: cosa cavolo c’entra la bicicletta con tutto questo?
Vuoi vedere che Ciclista Pericoloso ha scritto il solito, ennesimo, libro di viaggi in bici? Naaa. Per quello ci sono già tante ottime pubblicazioni, cosa potevo aggiungere io?
E allora che cosa c’entra?
Beh, mica ve lo dico.
Piuttosto, ci vediamo prossimamente qui. Con nuovi indizi.
Stay tuned.