Dicevamo?

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Ah sì. Del ritratto aggiuntivo di Vincenzo Nibali, quel tale che ha vinto il Giro d’Italia. Il 15esimo carattere del mio libro, “Il carattere del ciclista”. Bene, ci siamo. Annuntio vobis gaudium magnum. Da ieri è disponibile la nuova special release in versione ebook con l’appendice “l’irriducibile: Vincenzo Nibali”. Squillo di trombe e rullo di tamburi.
Giù in basso vi spiego come fare a leggerla subito gratis.
Nel frattempo, però, riprendo da dove ci eravamo lasciati. Ad Andalo se non sbaglio. Vicino a Madonna di Campiglio.


Sul traguardo, dopo Valverde, staccato di un attimo, giunge Steven Kruijswijk. È un olandese e indossa la maglia rosa, è il leader della classifica. Valverde lo ha superato di un soffio proprio qualche metro prima del traguardo. Ma conta poco, la maglia rosa rimane ben salda sulle sue spalle. Steven, dicono tutti, è la vera rivelazione di questo Giro d’Italia. Un olandese che vince la corsa rosa, del resto, non si era ancora visto. Mancano soltanto cinque tappe all’arrivo finale di Torino, il distacco in classifica di Kruijswijk è alto, tre minuti abbondanti. Difficile recuperarli. Anche perché lui sembra controllare senza problemi la corsa, sia in salita che in pianura. Questa sembra essere la volta buona. Dai Steven, è fatta. Kruijswijk è alto, atletico, con spalle che sembrano essere state cesellate da uno scultore tanto sono dritte. Ha gli occhi ancora da bambino, sognanti e allo stesso tempo ancora facilmente impressionabili.

A questo punto, al traguardo, tocca aspettare soltanto te. Il più pericoloso degli avversari, quello su cui tutti puntavano, quello che doveva “vincere a mani basse”. Si contano i secondi di ritardo, niente, tu non arrivi. Improvvisamente diventi innocuo. Sei fuori combattimento: oltre un minuto e mezzo e il tempo passa ancora. Ne avevi più di tre dopo la tappa di ieri, ora stai scivolando a cinque minuti dalla maglia rosa. Un baratro. Le lancette girano, gli occhi si sbarrano. La gente comincia ad andarsene sbuffando. Qualcuno ad Andalo guarda in alto e gli pare che Madonna di Campiglio non sia poi così lontana. Come un’apparizione spettrale, si è fatta ora improvvisamente vicina e incombe. Tutti i ciclisti hanno un’ “ultima tappa” nella loro carriera. Quella che sancisce la fine, di fatto, della loro storia con il ciclismo e con le vittorie. Le ragioni possono essere molteplici: ematocrito alto, crollo atletico o persino débâcle psicologica, ma il risultato è sempre il medesimo. Non ti rialzi più. Per Marco Pantani l’“ultima tappa” fu Madonna di Campiglio, 4 giugno 1999. Da lì non si riprese più. Per Vincenzo Nibali potrebbe essere Andalo, 24 maggio 2016. Diciassette anni e una montagna di mezzo.

Finalmente eccoti. Arranchi tra le transenne e una folla che non ne vuole sapere di eroi che tradiscono. Guadagni a fatica il traguardo, ti guardi attorno spaesato. Non sono 5 i minuti di ritardo dalla maglia rosa, ma 4 e 43 secondi. Salvo un miracolo, per te è finita. Lo spettro dell’ultima tappa pare averti agguantato. Ma, quel che è peggio, è chiaro a tutti che sull’ultima salita sei andato definitivamente in crisi. Le avvisaglie c’erano già state nei giorni precedenti, ma nessuno ci aveva voluto credere. Oggi invece tutto è chiaro: Vincenzo non ne ha più. È di un altro livello, nettamente più basso rispetto agli altri. Appena Alejandro e Steven cambiano ritmo, lui resta indietro. Se ne accorgerebbe anche un bambino. Meglio rassegnarsi. È finita. Andalo sarà la tua Madonna di Campiglio. Nel tuo entourage si vocifera di uno strano virus nel tuo sangue. Si predispongono analisi e accertamenti vari, qualcuno insinua persino l’ipotesi del tuo ritiro in caso i risultati degli esami non siano buoni […]

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Il carattere del ciclista UTET
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