Equilibrismi pasquali.

Acqua, Pasqua e dislivello.

Acqua, Pasqua e dislivello.

Delicati, delicatissimi equilibri: in quel di Pasqua il ciclista deve destreggiarsi come un funambolo tra variabili insidiosissime.
Pericolosi pasti in famiglia, con trentasette portate; condizioni meteo regolarmente, da che mondo è mondo, avverse; gite a trovare ignote zie fuoriporta, improvvisamente organizzate nell’arco di qualche minuto. Parola d’ordine del ciclista è: funambolo.
Già. Occorre farsi funamboli e lavorare sugli interstizi temporali.
Farsi piccoli piccoli, e precipitarsi all’improvviso con richieste d’amore alla famiglia: cara, e se domani mattina prestissimo, mentre voi dormite, mi sparassi due ore a manetta?
Implorare, pena l’incapacità di intendere  e volere, ore d’aria tra boschi e strade fradice d’acqua, ad ansimare in salita come un muflone prossimo all’infarto.
Coraggio, fatevi piccoli. Ne vale la pena.
E così, sfruttando pertugi insperati, finestre nascoste tra una nube e un pranzo, due uscite in salsa ligure, during the weekend pasquale, il pericoloso riesce a tirarle fuori dal cilindro.
Una “short”, una “long”. Destreggiandosi tara le isobare e gli hectopascal contrai, pietanze succulente e uova al cioccolato fondente.
Meteo turbolento. Freddo, vento, burrasca. Insomma, praticamente: la Normandia.
Due ore di sole, che hai quasi caldo, due ore di acqua gelata e grandine che ti senti a novembre inoltrato. That’s it. Arrangiarsi e pedalare.
Ma veniamo alla strada. Che ha sempre da raccontare.
Un paio di uscite, dicevo. Un paio di uscite dedicate prettamente al Dio dislivello. La prima addì venerdì santo: di 60 km e 1000 m. di dislivello. La seconda addì domenica di Pasqua: oltre 100 km e ben 2.150 di dislivello. Buone sensazioni. Gamba che comincia a prendere il ritmo dell’ondulazione protratta. Abitudine che dovrà far sua rapidamente, visti gli impegni di stagione.
Meno 39 giorni alla Novecolli. Ma, soprattutto, poco più di due mesi alla malfamatissima e impronunciabile maledizione che mi son scelto in quel di Feltre.
E preferirei poi tacere delle 3 sorelle che seguiranno da lì alla fine dell’estate: questa qui, quell’altra qua, e poi questa simpaticona qui.
Bei momenti.
Ecco, ora, io mi trovo la Santa Pasqua in mezzo al guado: questo è il momento in cui si passa alle cose serie. Il dislivello deve soppiantare il fondo, l’agilità, la gamba da farsi e tutte quelle balle lì.
Questo è il momento in cui conta solo quanta salita riesci a fare.
Devi incominciare a non scendere sotto i duemila metri di dislivello durante l’uscita lunga. Devi incominciare anzi, gradualmente, ad aumentarli.
Devi cercare, ove possibile, di sfruttare al massimo ogni “stage” con la famiglia al mare o al lago o a vattelappesca per fare dislivello. Dislivello, dislivello, dislivello.
Non deve esistere altro.
Deve diventare un’ossessione.
A colazione devi mangiare pendenze, a pranzo rasoiate, a cena impennate improvvise.
Di notte, i sogni, si devono popolare di cartelli che indicano l’inclinazione stradale e di tornanti simil-Stelvio da Prato.
I discorsi al bar con gli amici devono tendere al vaniloquio: gli occhi fissi nel bicchiere persi su chissà quale km del Rombo o del Giovo.
Nulla nella vostra vita può essere piatto d’ora in avanti.
Nemmeno un piatto di pasta: anche quello dovete vederlo inclinarsi.
Dimenticatevi la pianura, il livello del mare, la campagna.
E se proprio, come il sottoscritto, siete costretti a vivere in una landa a 122 m. costanti di altitudine, beh, ecco, datevi da fare alla ricerca di un cavalcavia. Va bene anche il Ponte della Ghisolfa.
Ma, vivaddio, dateci dentro. Non avete scelta.
Ecco, queste le sensazioni con cui mi sono messo in sella in queste vacanze pasquali.
Così nella prima uscita in battuta ho infilato a raffica 3 salite corte, fatte tutte in soglia: 4-5 km affrontati sempre con rapporto duro, non durissimo, con frequenza di pedalata costante attorno alle 80 rpm.
La seconda uscita, invece, è completamente diversa: ritmo meno sostenuto, agilità spinta, e regolarità. Due salite di 10 k con pendenze tra il 6 e il 10% , più una salita più dolce, la Ruta da Rapallo, più i vari strappi e strappetti lungo l’Aurelia ligure. Ne escono oltre 2000 metri di dislivello per un totale di 105 km. Finiti in scioltezza e con la sensazione chiara, limpida, di averne ancora parecchio.
Insomma, tocca arrangiarsi con espedienti circensi, ma la Pasqua alla fine è nel sacco.

Per i curiosi, le 2 uscite in infographics qui e qui.