Un giorno da Manetta.

Cronaca di una giornata con il Lato Oscuro.

Cronaca di una giornata in compagnia del Lato Oscuro della Pedivella.

È da quando ero bambino che aspettavo questo giorno.
Pedalare con la Ligera milanese, la posse extraurbana che vessa le campagna a Sud di Milano a suon di sgasate fuorisoglia all’imbrunire.
I predoni del bitume (e del fango), i compagni di classe, quelli cattivi, che ti vuoi fare amici, un po’ per timore, un po’ per bullartene al bar davanti alle ragazzine.
Ecco, da ieri anche io me ne bullo. E poche palle.
Veniamo a noi.
Mi faccio trovare cha ancora è buio pesto al Bar del signor Giovanni, nel cuore di Baires.
Subito vengo avvicinato da loschi figuri dalla pedviella facile: la modalità è quella di “Sfida all’Okay Corral”.
Maglie con il teschio, occhiali calati sul volto, nonostante il buio, capigliature da pirati, orecchini da zingari.
In due mi si fanno sotto con fare minaccioso. Non ho visto da dove sono arrivati.
Ma sono qui.
Mi dicono: è qui l’appuntamento?
Io, in trance: Sì. È qui.
In una manciata di secondi si materializza lui. il “Loca”. Una sorta di apparizione per noi ciclo-novelli della domenica.
Un “Biker in corpo di uomo”, un disturbato dal pedale, ma di quelli forti, un ossessionato dalle endorfine che mi si mangia a colazione.
Ad un tratto tutti i miei Stelvii, Mortiroli, Fedaii, Maratone si srbiciolano come pan carré sotto gli anfibi di un punk.
Sarà il fresco delle 6 del mattino, ma io tremo.
– Ci siamo tutti? –
Non rispondo. Aggancio il pedale.
E un po’ ne son già fiero.
Si parte. Coi Manetta. Perdio.
Stasera lo racconto alla nonna.
Gli altri CaffèNeroBollenti attendono in quel di Cologno. Albeggia. C’è un cielo limpido come un lago. Si vede la Valcava, già in fondo a viale Padova.
Il Monte Fuji de noantri.
L’aria è frizzante, l’incontro a Cologno passa furtivo. Siamo in dieci. O giù di lì.
Un bel gruppo. Di quelli da zinga-rapha pesante. E io sono Rapha- dressed da capo a piedi.
A Carate si aggrega la coppia del dislivello: Mauro&Vale. Quelli che “Julier e Maloja come antipasto”.
Poi Arosio, Lurago, Fabbrica Durini, Lipomo, Como.
E si entra nel triangolo delle bermude. Il cuore del Lario. Si punta dritti verso Nesso. Si parla poco, ci si stima molto.
Il “Loca” non allunga, molto understatement, accetta di buon grado la pedalata lungi dalla soglia che gli ho prefigurato.
Arrivati a Nesso, ne ho già 70 secchi. E non sono nemmeno a metà strada.
Da qui in avanti ognun per sé. Il Pignone per tutti. Si sale.
Setto il lap del Garmin e vado in apnea.
Salgo bene, agguanto il gruppetto davanti, lo passo e poi mi aggancio a un Manetta. E non lo mollo più.
Non so se mi spiego: io ciclistapericoloso, novellino, che sto agganciato a un Manetta?
Beh, ma vi offro da bere un Gatorade.
Io, il Manetta e Vale procediamo così appaiati. Nessuno se la sente di scattare. La Nesso ha il suo perché. Son 13 km di salita costante.
Fatto salvo Pian del Tivano. E qui riprendiamo con il 50 il discorso dove c’eravamo lasciati.
Poi ultimo scatto verso la vetta. Che agguanto con il mio tempo record personale: 55:17 e una media di 14,2 km/h. Mai fatti alla Nesso. Mai il 1 aprile. Che sia un pesce?
Forse sì: Il Loca aspetta, che pare uscito da un beauty center, senza una goccia di sudore: 48:00 il suo tempo.
Egli ancora pronto non è. Penserà il maestro Jedy del sottoscritto.
Ma io mi sento già il “prescelto”, quando mi dice, sotto il casco: “beh, mica male considerato quanto ti alleni”
A raffica arrivano gli altri.
E dopo una coca-cola al bar della Colma, si indossa tutti la mantellina, come in un rituale profano, e si picchia in discesa su Sormano e quindi Asso.
Il rientro è di quelli spietati. Dove per chi non ne ha più, non c’è speranza.
Un drappello che si sfilaccia e si piega nei pressi della maledetta Bevera.
Fatta contro vento costantemente, diventa una mattanza.C’è poco da aggiungere.
Gli Shleck e “il musicista” si staccano. Non li vedo più.
Davanti ho il fumo degli zoccoli e la tentazione dei manetta. Un polverone da Harley Davidson che mi attrae come un magnete.
Io nel mezzo.
Gli ultimi 30 km da Monticello a Milano, mi infilo nel treno che ho sempre sognato. Il Loca non perdona, ma sto a ruota. E mi sento bene.
Dietro, man mano, si apre un vuoto inquietante. Un vento gelido e costante si alza di lato: mi ricorda che peso solo 57 kg. Conto un’ostia contro le intemperie naturali.
Ma tengo botta. E arrivo in treno  fino a Milano.
Felice come un bimbo, in mezzo ai Manetta. Come quando alle elementari il Franti di turno, mi invitava a casa sua, contro il volere della mamma.
Guardo il Garmin: 158 km con 1800 m. di dislivello.
Mica paglia.
Roba da Manetta.

Per i curiosoni, i Dati Garmin