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Giusto il tempo di un caffè.
Ho messo su il caffè.
Quello Nero Bollente.
Ma anche quello dell’anno che verrà.
Ora tocca aspettare che venga sù.
La sento ancora lontana “la stagione”.
Sotto la pesante coltre di nebbia e coperte dell’inverno. Anche se fumante e carica d’aroma.
Come vi fosse un ostacolo, un muro, che s’interpone tra me e l’estate. Tra me e la voglia incontinente che ho di mangiarmela subito questa stagione che ho davanti. Il 2012. Fatto di Novecolli, Sportful, Maratona dles Dolomites e, dulcis in fundo, Marmotte. Sognando nel frattempo il sorteggio all’Ötztaler.
Ecco, le ho dette in fila: fanno paura. No?
Ma ecco che mi viene incontro il mio amico Friedrich: “là dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva”.
Bisogna avere paura. Bisogna salvarsi.
E allora ecco i miei pericoli 2012: le regine delle montagne. Le sirene del dislivello.
Quest’anno, signori miei, si entra a piè pari nel regno dell’estremo.
L’anno scorso ne ho avuto un semplice assaggio. Giusto il tempo di sentirne il sapore (che era buono assai).
Ma fu poca cosa, un’inezia, al cospetto di questo 2012 mefistofelico.
L’anno prossimo si fa sul serio.
L’anno prossimo mi faccio Faust.
Il patto col diavolo è stretto.
Niente assaggi. Niente antipasti.
Solo brama di estremo. E inferi.
Da primavera si intinge la faccia da guancia a guancia nella fondina profonda e infuocata dell’ultra-dislivello. A capofitto.
Il dislivello porta in alto, ma per superarlo tu devi calarti in basso. Molto in basso. Nelle viscere della roccia dolomia.
In un girone dantesco, di anime che sprofondano nel baratro. Solo pochi ne riemergono.
E così distanze sempre e solo pericolose m’attendono da maggio in avanti: Novecolli 210 km, Sporful 216, Marmotte 180.
Dislivelli tra i 4 e i 5 mila metri. E oltre.
Tempo di recupero: strettissimo, ai limiti del possibile mi segnalan’ gli amici già in apprensione. E come dargli torto: dal 17 giugno al 7 luglio 2012, in soli 20 giorni, Feltre, Corvara, Bourg d’Oisians.
Duran, Pordoi, Galibier.
Non mi domando ora se ce la farò. È prematuro e soprattutto inutile farlo. Ormai gli appuntamenti sono fissati. L’obolo versato.
Quello che sento, invece, in questi giorni di inutile pre-inverno, è l’incapacità di aspettare che il tempo passi. Come un bimbo.
In qualche misura, devo tenermi a freno. O esco pazzo.
L’attesa mi strema.
La voglia è matta. Fatico a tenerla a bada dentro i miei pensieri notturni. Sogno una Novecolli che sul Barbotto diventa un’Otztaler che sul Rombo diventa una Marmotte, che sul Galibier diventa una Maratona che sul Giau diventa una Sportful. Tutto d’un fiato. Un’ossessione infarcita di maltodestrine e crostatine mulino bianco.
Bramo dentro. Sento le gambe che si muovono da sole nei pantaloni di flanella infeltriti. Voglion’ uscire. Spaccare il mondo. Frullare glabre il Passo Duran a 80 RPM al minuto (scherzo). Ai limiti dell’asfissia.
E invece.
Invece tocca aspettare.
Maledizione.
Dice: goditi questo stacco invernale. Fa bene al corpo, fa bene alla mente.
Sarà. Rispondo.