Oggi fuori!

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“Generazione Peter Sagan” out today.
Ieri ha vinto la tappa del Tour de France con arrivo a Colmar. Oggi esce “Generazione Peter Sagan”, il mio ultimo libro per 66thand2nd editore. È evidente che io e Peter ci siamo messi d’accordo. Cosa credevate?
Gli ho telefonato, gli ho detto che avevo bisogno di un’operazione di viral marketing per lanciare il libro. Ci penso io, mi ha detto. Detto, fatto.
Quella che vedete sopra in realtà è un suo celebre fotomontaggio di due anni fa (2017), quando venne cacciato proprio dal Tour de France per una “supposta” gomitata (che invece poi non ci fu, le immagini lo scagionarono, mesi dopo, troppo tardi) ai danni del britannico Mark Cavendish. Ma è ance l’emblema della capacità di “giocare” con i social che Sagan (e ogni cicloamatore) ha. Del suo modo “inatteso” (come la collana di 66thand2Nd per cui esce, “Vite inattese”), per certi versi “disobbediente” di confrontarsi con il suo sport. Allora scimmiottò la nota serie tv di Netflix “Stranger Things”, che ha come protagonisti dei ragazzini preadolescenti in sella a fiammanti bici supermolleggiate anni ’80 (tipo Saltafoss). E in “Generazione Peter Sagan” c’è molto di quello spirito, perché anche io ero così (e in quegli anni). Da oggi lo trovate in libreria. Eccone un breve estratto, proprio su Peter, ciclismo e uso dei social. Enjoy.

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Il ciclismo al tempo dei social
Già, la rivoluzione su due ruote.
Tutto questo trambusto poteva succedere solo sui social. Uno strumento di per sé leggero, trasversale, volutamente «superficiale» e che, proprio per questo, va preso per quello che è. Cioè mai troppo seriamente: «Life is too short to be too much serious» dice Peter in un altro suo video su YouTube. E subito dopo, lo si può vedere mentre scia, giù per i dirupi innevati della Sierra Nevada americana, oppure mentre, ancora bambino, caracolla a bordo di un triciclo sulla moquette di casa. Ci sono poi le immagini delle corse di oggi, i backstage dall’ultimo Tour de France, i siparietti con l’amico Daniel Oss. In pochi minuti viene condensato per intero il personaggio Sagan. E l’impressione è che quello che si ha davanti non sia semplicemente un ciclista. Ma qualcosa di più. Un mondo. Uno stile di vita in cui riconoscersi e a cui ispirarsi, mentre si pedala e forse non solo. 

 

Sono in cima al Tourmalet. Arrivarci è stata una faticaccia. Eppure, appena sganciati i pedali, il mio primo pensiero non è quello di ri­prendere fiato e godermi la conquista. Bensì quello di condividere e postare in diretta una foto commemorativa dell’impresa.
Il Col du Tourmalet è la salita simbolo del Tour de France, oggi c’è persino una statua che ricorda Octave Lapize, il primo ciclista che arrivò qui in cima, nel 1910. La strada era ancora sterrata, le bi­ciclette senza cambio e l’abbigliamento assolutamente inadegua­to. Leggenda vuole che Octave trovasse il tempo di urlare «assassi­ni!» agli organizzatori.
Non c’era Facebook, non c’erano smartphone e nemmeno fo­tografi a immortalare la sua impresa. Ma se ci fossero stati, non ci avrebbe pensato su due volte. Credo che la superficialità dell’atti­mo social possa in realtà raccontare molto di più di un momento: se lo scatto è quello giusto, la storia che narra diventa più profonda. Perciò frugo con la mano nella tasca posteriore della mia maglia, cerco l’iPhone, avvolto accuratamente nel cellophane per evitare che il sudore lo danneggi (ne ho buttati via quattro prima di capire che quella era l’unica soluzione). Apro l’app della fotocamera, mi metto in posa davanti al cartello del passo e scatto il selfie. Non pa­go, mentre una folata di vento gelido rischia di farmi volare via lo smartphone (sarebbe il quinto, decisamente troppo), verifico che ci sia connessione. C’è. Spettacolo (…)

CONTINUA SU “GENERAZIONE PETER SAGAN”, DA OGGI IN LIBRERIA

La copertina del libro è di Guido Scarabottolo, per il progetto grafico di Silvana Amato