See You Tomorrow

Invito Patron_31Gen2018

Tutti da Upcycle mercoledì sera.
Ci vediamo domani sera, mercoledì 31 gennaio a Milano da Upcycle Bike Café, ore 19:30.
Assieme a Gianni Torriani (figlio di Vincenzo), Auro Bulbarelli (caporedattore di Rai Sport nonché voce celeberrima del ciclismo in tv) e al mitico Gianni Motta (vincitore del Giro d’Italia 1966 e terzo sul podio del Tour de France 1965, vinto da Felice Gimondi).
Assieme parleremo di Giro, luoghi e Patron ovviamente.
Ovvero della mente che sta dietro quei luoghi, quelli cari alla Corsa Rosa e al mio ultimo libro, “Storia e geografia del Giro d’Italia”. Scoperte autentiche, posti che prima non c’erano. Perché Vincenzo Torriani letteralmente li mise al mondo quei luoghi: prima di lui chi sapeva cosa era e dove era il passo Gavia? E il Monte Bondone? E che ci si potesse arrampicare in bicicletta fino alla Tre Cime di Lavaredo? E volare sul selciato di piazza San Marco a Venezia sopra un ponte di barche?
Di questo e d’altro parleremo domani sera, dunque vi conviene esserci. Saranno bene accette le domande del pubblico, preparatevi bene.
Intanto, vi lascio proprio parlando di Venezia: di quell’incredibile arrivo di tappa (una cronometro) nel “salotto de’Europa”, nel lontano 1978.

Pazza Idea
Un’idea che al solo pensarci non sta in piedi: portare la corsa rosa nel cuore della città più bella, ma anche fragile al mondo; tra canali, ponti e gondole. E, quel che più conta, nel suo luogo più sacro e antico, degno soltanto di rispetto, non certo di corridori in braghette corte. Per non parlare poi di tutta quella carnevalesca parata che il Giro si porta con sé: la carovana pubblicitaria. A chi diavolo è potuta venire in mente un’idea così indisciplinata?

Francesco Moser nella foto è inquadrato da dietro; è appena uscito dall’ultima curva, quella prima dell’arrivo. Sta pedalando tra le Procuratie Antiche e le Procuratie Nuove, gli edifici dei “procuratori”, coloro che assistevano il Doge occupandosi dell’amministrazione della città. Moser nella foto sta facendo il suo ingresso trionfale sotto il campanile più famoso del mondo. A due passi dal Caffè Florian, oltre tre secoli di storia e intere generazioni di intellettuali che ci hanno preso almeno un pasticcino. Del resto, il caffè, bevanda nera e corroborante, era giunta a Venezia dal vicino Oriente già a fine ‘600, un po’ come una strana malattia. Ben presto aveva contagiato tutti. Artisti, musicisti, nobili decaduti.
Qui di fronte, al Caffè “Lavena”, più bohémien del Florian, Richard Wagner era di casa. Conquistato dai fumi e dagli aromi di quello strano intruglio veniva qui a perdersi per ritrovarsi durante i suoi soggiorni veneziani. Un po’ come Robert De Niro nelle fumerie d’oppio cinesi in “C’era una volta in America”.
Fuori di qui sostavano ancora nel ‘700 i “Lanternieri”: gente poco raccomandabile ma pronta a farti luce generosamente tra le calli nere come la pece e l’acqua melmosa e irrequieta. L’illuminazione pubblica a Venezia è stata introdotta soltanto nel 1732. La notte non si vedeva niente. Città di misteri e perdizione questa, bella da stordire, ideale per perdersi e fuggire altrove. Esattamente come sembra fare Francesco Moser in questa foto, un ciclista ancora giovane, ma già pronto a decollare. Da Piazza San Marco sarebbe partito per una carriera fulminante. Del resto, aveva appena vinto, proprio quell’anno, la sua prima Parigi – Roubaix, la regina delle classiche, “l’inferno del nord”. Ne avrebbe vinte tre di fila.
Piazza San Marco è il luogo più basso di tutta Venezia e infatti, come è noto, va a finire spesso e volentieri sott’acqua. Vittima di uno strano gioco del destino, un perfetto connubio tra moto ondoso e luna, che viene chiamato “Acqua alta”. In realtà, forse è semplicemente la piazza che è bassa, ma tant’è: armarsi di stivali qui è d’obbligo.

A Venezia l’acqua funziona come un orologio: per 6 ore gira in un senso, per 6 ore in quello inverso. A seconda che la marea salga o scenda.
San Marco è l’unica “piazza” di Venezia, gli atri spazi urbani “aperti”, si chiamano infatti “campi”. Ha una forma trapezoidale ed è dominata dal famosissimo campanile e dalla omonima basilica, un complesso architettonico di rara bellezza, con cupole che ricordano le moschee di Istanbul. Forse un rimando a quella parte di mondo, da cui Venezia ha deciso di non staccarsi mai. Arrivare qui in bici, diciamoci la verità, è un’idea geniale.  (…)

Da “Venezia” – “Storia e geografia del Giro d’Italia” (Utet 2017)

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