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Metti un venerdì a BookCity.
Non strappatevi le vesti. Per chi mi avesse “perso” finora, manco fossi Bruce Springsteen, ecco un nuovo appuntamento. Venerdì 18 novembre presento “Il carattere del ciclista” a BookCity Milano 2016, al Teatro della Cooperativa (via Hermada 8). A farmi compagnia ci sarà Luca Gregorio di Bike Channel Sky e Renato Sarti, regista teatrale, che farà un reading tratto dal libro, più forse ma forse una sorpresa. Insomma, dovete venire. Poche storie.
Parleremo di alcuni ciclisti che nelle precedenti presentazioni magari sono meno venuti fuori. Uno su tutti, che ho amato tantissimo e sentito fraterno per molti versi, è “il professore”, Laurent Fignon. Tragicamente scomparso a soli 50 anni nell’agosto del 2010 per un tumore. Non sarà con noi ovviamente, ma in un certo senso ci sarà. Ne sono sicuro. Nel mio libro Fignon è “l’introverso”. Ma forse è persino riduttivo definirlo così. Era spigoloso, difficile, ma infinitamente bravo. In bicicletta prima, come commentatore per France 2 poi. Morì qualche giorno dopo aver commentato il suo ultimo Tour de France, vinto da Contador. Oggi riposa a Parigi, la sua città, nel cimitero dove solo il più grandi vengono sepolti. Père Lachaise.
Ci vediamo venerdì, ore 17:30 – Teatro della Cooperativa, via Hermada 8 Milano.
L’Introverso: Laurent Fignon
I francesi avevano imparato ad amarlo, quel “criticone”. Laurent ne aveva sempre per tutti, quasi che nessuno dopo di lui sapesse più andare in bicicletta. Persino quel Contador, il vincitore di quest’edizione 2010 del Tour, quello che tutti indicavano come il futuro del ciclismo mondiale e che invece a Laurent non convinceva fino in fondo.
Pur di continuare a spaccare il capello in quattro e commentare, Fignon di recente era andato da uno specialista, un ortofonista. Si era fatto spiegare come usare una corda vocale sola, lavorando su una tonalità più bassa della voce, da oltretomba. L’altra era ormai già andata. Ennesimo territorio del suo corpo malandato conquistato dal cancro.
Una miriade di metastasi avanzavano senza sosta da più di un anno su e giù per i suoi organi. Da quel maledetto aprile del 2009, quando, mentre si sottoponeva a un normale controllo di routine, i dottori si erano fatti scuri in volto. Avevano confabulato preoccupati tra loro, poi erano tornati da lui. Il responso, spietato. Tumore alle vie digerenti, pancreas e fegato già andati. Il signor Fignon però doveva prepararsi al peggio, la bestia è dappertutto”.
Come aveva fatto a non accorgersene prima? Ma soprattutto, quanto gli restava da vivere?
Laurent si era alzato, con una manica della camicia si era pulito gli occhialini, poi aveva chiosato: “Tranquilli, vinco anche questa”.
Lo stesso concetto lo aveva ribadito due mesi dopo, davanti a una platea di centinaia di giornalisti e tifosi. Erano lì per la conferenza stampa di presentazione della sua autobiografia. Il titolo, Eravamo giovani e spensierati, era già vagamente inquietante e premonitore. A chi gli aveva chiesto se il suo male avesse a che fare con le pratiche dopanti – anfetamine, cortisone, persino cocaina – che lui aveva ammesso nel libro, aveva risposto secco: “In quegli anni ci dopavamo tutti, se ci fosse qualche legame, oggi avremmo tutti il cancro”. Spietato, realistico, forse semplicemente rassegnato. Tremendamente Fignon.
Quanto saresti piaciuto a uno come Sartre. Tu che non piacevi nemmeno ai francesi. Tu che non piacevi nemmeno a te stesso. Tu che eri sempre altrove, anche quando eri presente, magari sul podio. Quando attaccavi, lo facevi a modo tuo: così meravigliosamente senza strategia. Tu che mettevi sempre gli occhiali davanti a tutto. Erano la tua coperta di Linus quegli occhialini da vista. Con la montatura dorata e retrò e le lenti rigorosamente rotonde. Quegli occhiali così snob ti erano valsi il soprannome di “professore”: si è mai visto un ciclista pedalare con gli occhiali? No, e se lo fa, vuol dire quasi certamente che è un intellettuale, un professore appunto. E tu lo facevi il professore, e lo facevi anche bene. Anzi, te ne compiacevi di quelle lenti rotonde da esistenzialista parigino, ti aiutavano a differenziarti dalla massa. Un ambiente, quello del ciclismo, che non ti era mai stato particolarmente congeniale. Lì, in mezzo al gruppo, ti sei sempre sentito strano, diverso, un pesce fuor d’acqua. Ecco allora che con quegli occhiali, invece, ti sentivi a casa. Arriva Fignon, arriva il professore.
Leggi la versione integrale de “l’introverso: Laurent Fignon” da Il carattere del ciclista UTET