Slovacchia Mia.

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Campione del mondo, Campione del mondo!
E due. Intorno a Peter Sagan da Zilina, neo-campione del mondo di ciclismo su strada per la seconda volta consecutiva a Doha, in mezzo deserto e cammelli, c’è un intero popolo che sogna. E se lo merita. Gli slovacchi. Un popolo poco avvezzo alle imprese sportive forse,  e alla ribalta internazionale. E nelle facce spossate per le emozioni e così ingenuamente felici della sua gente, ieri si leggeva tutta la grande voglia di esserci. Anche nostra, anche del ciclismo tutto. Quindi, per una volta, saliamo sul carro del vincitore. Che fa bene alla salute e all’animo. Siamo tutti Peter Sagan.

La Pazza Gioia.
La gioia è dappertutto: negli occhi dei bimbi con gli elmi, nelle bandiere in festa, negli sguardi di uomini e donne, felici del loro nuovo eroe. Una nazione scesa in piazza urlante di gioia, che un giorno si è scoperta essere al centro del mondo. E che Mondo.
A sinistra e a destra di Peter Sagan sul podio c’era mezzo ciclismo degli ultimi anni. Ieri, a dire il vero, con l’aria di chi ci è rimasto un po’ male. Sto parlando di “Mr. Roubaix” Tom Boonen e “Cannonball” Mark Cavendish. Un bellissimo podio, tre eroi, tre personaggi pop e post-punk del ciclismo contemporaneo. Come avere Sid Vicious in mezzo a Mick Jagger e John Lennon. Quello che il “Guascone” Peter Sagan incarna alla perfezione è infatti proprio lo spirito naif e infantile del ciclismo perduto. Peter, l’ho già detto, è colui che ha saputo riportare il gioco dove lo avevano tolto. E a guardarlo con quella capigliatura ancora più disordinata e da hippy (ancora più di un anno fa!) , c’è da chiedersi se non ci sia da ringraziare qualcuno lassù per avercelo donato. Piacevole, leggero, disinvolto, capace di sgonfiare anche le polemiche più pesanti (vedi i 40° all’ombra del Quatar). Un ciclista che ci prova sempre, che, anche quando il terreno non è quello più adatto, cerca di vincere.
Un atleta che sa sempre mettersi in gioco (lo aveva fatto anche alle Olimpiadi di Rio, preferendo la MTB alla bici da strada). Un personaggio pop a tutto tondo. Sarebbe piaciuto a Andy Warhol, Dario Fo forse ne avrebbe fatto un nuovo mistero buffo. Riassumendo in una sola parola il neo campione del mondo, ma non sempre amo le sintesi, potremmo dire che Sagan è un “fuoriclasse”. Nel senso letterale della parola “fuoriclasse”: non appartieni a nessuna classe. Sagan è cioè meravigliosamente inclassificabile. E per questo, forse, si classifica continuamente per primo.
Se lo tengano stretti, dunque, gli Slovacchi che la nostra è tutta invidia. Hanno trovato il loro re. E fanno bene a continuare a sognare, esattamente come fecero i belgi quaranta anni fa.
Da”Il carattere del ciclista”, un omaggio doveroso al “Guascone” Peter Sagan, campione del mondo 2015-2016.

From Zilina, with love. 
Eppure, dopo tutto, a Zilina, tu ci sei nato, è casa tua. Vieni al mondo nel 1990, mamma e papà sono un’onesta coppia di ristoratori disposta a ogni sacrificio per tirare su i quattro figli. Le case di Zilina hanno tutte l’aria un po’ malinconica, i campi sono spesso coperti di ghiaccio e il cielo è grigio topo anche in primavera. Gli inverni sono freddi e lunghi. C’è davvero poco da stare allegri qui, soprattutto se sei un ragazzo irrequieto, con il fuoco che brucia dentro.

Fin da bambino, di stare al caldo, magari in compagnia dei libri di scuola, proprio non se ne parla. Allora, sempre fuori, all’aria aperta, a scorrazzare e infangarti, rigorosamente in maglietta e pantaloncini corti. Papà e mamma hanno un bel daffare a correrti dietro, con garze e cerotti. Un giorno una sbucciatura, un altro una botta, un altro ancora un capitombolo tra rovi e spine. Non c’è da stare sereni con te. Sempre esuberante, ai limiti della disobbedienza, un discolo fatto e finito. Con gli occhi però da eterno sognatore, un po’ Peter Pan un po’ Piccolo principe.  “Se non avessi fatto il ciclista, penso che avrei fatto il pizzaiolo”, vai ripetendo a tutti. Già, caro Peter, ma hai fatto il ciclista.
La tua tendenza kamikaze te la porterai dietro sempre, come un istinto innato e ribelle.
Nel 2010, in Australia, al Tour Down Under, prima gara da professionista, vai giù alla prima tappa, dritto contro le transenne. Ti maciulli un braccio, sanguini da tutte le parti, un vero disastro. “Te l’avevo detto! Avrà anche un fisico eccezionale sto’ Sagan, ma in bicicletta non ci sa proprio andare”, si borbotta a caldo nel tuo staff.
Alla fine, 32 punti di sutura in un pronto soccorso australiano, tra bagnanti morsi da squali e adolescenti in overdose o coma etilico. Finito di cucirti, la prima cosa che chiedi al medico della squadra è: “Dottore, ma io domani ?”
Ti interessa solo quello: proseguire la corsa. Il Tour Down Under è una corsa a tappe, non un’unica gara, in pratica è il Giro d’Australia. Ogni giorno c’è l’opportunità di rifarsi. Così non molli, per quello che tu definisci un innocuo taglietto sul braccio. E poi, in fondo, si pedala con le gambe, no?
Rimonti subito in sella dunque, tutto fasciato e incerottato come quando eri piccolo e cadevi nei fossi. Non solo riesci a ripartire, ma ti metti anche in mostra infilandoti in una fuga con niente meno che mr Lance Armstrong. Alla fine sarai addirittura quarto in classifica generale. “Allora, chi è quello che non sa andare in bicicletta?” sembri chiedere con aria spavalda all’arrivo.
Il braccio nel frattempo gronda sangue di nuovo, i punti di sutura sono tutti da ricucire, ma chi se ne frega. Quella sera, a tavola, ai tuoi compagni toccherà imboccarti, però che bello, ne valeva la pena. Nel frattempo le tue gambe, invece, fremono. Vorrebbero già andare sul tetto del mondo. Sane e robuste, con polpacci che sembrano fiaschi e cosce che paiono damigiane pronte a esplodere.
Da bambino provi tutti gli sport possibili: karate, nuoto, calcio, skateboard, persino ballo, insieme alla mamma, grande sognatrice e fan di Dirty Dancing. Ne conosce ogni scena a memoria, chissà quanto quel film la fa evadere e immaginare un futuro migliore. Un futuro che tu le saprai regalare.
In bicicletta, inizi ad andare presto, unico della famiglia a provarci da subito senza rotelle. Ma non ti appassiona.
Finché un giorno di aprile vai a vedere tuo fratello maggiore, Juraj. Lui corre già in bicicletta e da grande vorrebbe fare proprio quel mestiere. Mentre sei lì a guardarlo volteggiare, assieme alle tue sorelle, succede qualcosa di magico che cambierà per sempre la vita. Succede che Juraj vince con un bello scatto potente e sicuro proprio in prossimità del traguardo, proprio davanti a te. Vince ma praticamente non esulta, del resto lui è fatto così, timido e introverso, tutto l’opposto di te. Il suo atteggiamento sobrio e dimesso ti fa letteralmente infuriare. A vederlo così incapace di gioire, in te scatta qualcosa: “Avessi vinto io, a quest’ora sai che putiferio farei”. Qui nasce Peter Sagan.
Come diceva Nietzsche. (…)

Leggi la versione integrale de “Il guascone: Peter Sagan” da  Il carattere del ciclista UTET