Winter training.

L'inverno va di corsa.

L’inverno va di corsa.

Bene. Veniamo a noi.
Il Panettone non ha sortito effetti sul ciclistapericoloso. Effettuata stamane visita agonismo: 55 kg vs i 57 di un anno fa.
Un figurino.
Un anno, 4 granfondo, 2 in una settimana. Le più dure: Maratona e Marmotte. Decine di allenamenti con orari da malato di mente, fughe solitarie sul Garda o in Liguria, o sul triangolo delle Bermude lariano. Laddove il ciclista scompare in preda a visioni mistiche casua overdose di dislivello.
Ma anche un anno, e, soprattutto gli ultimi 3 mesi, di corsa. Uno sport parallelo. Noiosissimo. Imparagonabile alla scalpitare della belva sul bitume. Ma, vivaddio, uno sport fottutamente utile e comodo.
Mi spiego: ti alzi preso, fuori c’è -4, nebbia fitta da irti colli ed è il momento.
Zac. Ecco che diventi, in un attimo, un uomo in calzamaglia e corri a perdifiato a prenderti le tue maledette endorfine. Come un eroniomane qualunque.
Il tutto in un’ora e poco più. Cosa che in bici nemmeno se ne parla. E, soprattutto, in bici, in inverno.
Insomma, è stato un anno all’insegna della serotonina e dell’endorfina spinta. Un anno dove, parole del medico dello sport che stamattina mi ha rilasciato il mio sesto certificato di idoneità all’agonismo, “ho lasciato 2 kg per strada”.
Tranquilli: non son prossimo alla sparizione.
Pannettonicamente parlando, devo altresì ammettere che la crapula natalizia non ha sortito in me effetto alcuno. Merito delle bellissime uscite in salsa ligure di fine anno. Condite con 18° all’ombra, come fosse Pasqua, e dislivelli importanti.
Bellissima la prima: Passo del Bracco, Grazie e Ruta, in compagnia del clarinettista mascherato, membro della famigerata setta del forum dello scalatore. 90 km e oltre 1500 m. di dislivello.
Adrenalinica e lisergica la seconda, in solitario, tra entroterra e riviera. 70 km e 1000 m. di dislivello. Conditi con temperatura leggermente meno clemente, ma sole in faccia come nei giorni migliori.
E, sapete una cosa? La corsa serve.
Serve perché quando ti rimetti in bici, il fiato è aperto come se non fossi mai sceso. Serve perché in salita, metti le ali. Come se avessi due Red Bull incastonate nei polpacci. Anche a dicembre. Anche a distanze siderali dei 4 mila metri di dislivello che mandavi giù a luglio come fossero grappini.
Come se il tempo, quasi, si fosse fermato.
Signori miei, macinati 1525 m. di dislivello come fossero cracker. Motore ottimo, frequenza di pedalata alta. Sempre.
Pedalata che sguazza sincera nell’alveo naturale dell’agilità.Come api nel miele.
Non credevo.
Davvero, non credevo. Non credevo ai benefici della corsa. Devo ri-credermi.
Perché, vedete, correre è fottutamente noioso (e estremamente faticoso), ma apre il cuore, il polmoni e aiuta a far fatica come poco altro.
In bici la fatica è diversa.
Viene a piccole dosi, lentamente. E quando arriva, non ne hai più (anche se poi ne hai sempre ancora, ma questa è un’altra storia).
Di corsa, no. Di corsa la fatica arriva di corsa. Ti prende subito come una morsa, dopo 5 minuti. E ti molla solo dopo mezzora.
Alla fine sei in trance ipnotica e andresti avanti ore.
Il cuore si è aperto, il sistema cardiovascolare sta facendo rock n’ roll. Te ne accorgerai quando ri-salirai -in senso letterale – in bici.
Si perde in potenza, è inevitabile. I muscoli usati di corsa non sono gli stessi usati in pedivella.
Ma l’agilità diventa una bomba. Cresce, si sviluppa, esplode. Provare per credere.
E così capita che il piccolo stage ligure mi abbia dato risultati insperati a fine anno.
Stesse sensazioni provate durante la messa domenicale, tutta brianzola (se no, che messa sarebbe?),  con Andy-Dany-Schleck. 95 km e quasi un migliaio di dislivello.
Good vibraions, insomma, in quel del bitume.
il 10 febbraio ci sarebbe un puntello in quel di Laigueglia. Mannaggia a loro, anticipata di 2 settimane.
Stiamo a vedere. E a correre.
Si fottano i rulli.

Dati Strava: