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SOS Gavia.
Ma voialtri, cosa volete che vi dica io del Gavia e del Mortirolo?
Cosa vi aspettate? Lancio un sondaggio.
Già, perché io non so mica cosa scrivere, eh. Badate bene: questa volta il ciclistapericoloso ha la penna virtuale in tilt. Completamente e inderogabilmente. Bum. Finita la benzina delle parole.
Non sa da che parte si cominci né dove si finisca.
C’è rimasto un po’ in cima, al Gavia. E anche al Mortirolo. Fatica a scendere. E in vetta, si sa, i cellulari non prendono. Soprattutto sul Gavia. Han provato a chiamarlo. Anzi, delle volte, se non avete mica niente da fare, provate anche voi. Il numero ve lo si dà qui, mandate una mail. Noi sono più di ventiquattr’ore che ci si prova, invano. Chissà che voialtri non siate più fortunati.
L’han visto salire spedito da Ponte di Legno in mattinata, di buon ora. In mezzo al plotone dei più. C’era Pietro da Lavater, che teneva alto il morale della truppa, già da Edolo, dopo la discesa, controllata, dall’Aprica, appena dopo lo start. Poi c’erano anche i fratelli Shleck da Cernsusco al gran completo, con tanto di team a seguito. C’era Gero, un mastino passista da metterlo contro vento per ore intere, e piazzaricisi dietro a farsi tirare in carrozza. Buono per il tratto da Bormio a Mazzo di Valtellina. Le facce, ci dicono, eran serene e allegre. Pronte all’impresa numero uno. Il Passo del Gavia, a 2.650 metri sul livello del mare. E probabilmente su quello delle anime mortali.
Poi di lui si son rapidamente perse le tracce.
Tuttavia, scendere da dove è salito, non l’han visto scendere. Fermarsi a bordo strada, pare, nemmeno. Immolarsi in volo con il deltaplano, lui che soffre di vertigini, dubitiamo proprio.
Che se lo sian mangiato i lupi, allora? Che sia scomparso come un fantasma nella galleria curva e nera, posta a 4 km dalla vetta? Una bocca pronta ad inghiottire, in effetti.
Provate, provate e riprovate. Magari vi risponde.
Magari vi dice lui qualcosa di più su quei tornanti fuori dal bosco, allo scoperto. Sopra i duemila metri. Spioventi, senza paracarro. Come nei Giri di suo nonno. Sentite da lui se lì le ha avute poi davvero le vertigini. Provate, dai. Vi diamo noi il gettone.
Ah, e già che ci siete, chiedetegli un po’ anche dell’Adamello e dei ghiacciai lì a fianco, della fonte del fiume Oglio. E poi della neve in vetta, dei laghi. Dello strapiombo che costeggia costantemente il plotone che sale silente e incredulo. E poi la vetta: chissà se c’è arrivato. Ma se c’è arrivato e se là da qualche parte si aggira, nel gelo notturno, provate a domandargli cosa si prova ad arrivare sulla vetta del Gavia. Sulla luna. Provate a sentire se vi racconta degli ultimi tornanti in quota, ove l’ossigeno si rarefà. La luna, appunto. Tra pietre, aria frizzante, e brandelli di sogno che vagano. Eh sì: è proprio la luna. Un paesaggio inospitale e meraviglioso. Lontano dai pensieri, dalle preoccupazioni, e dai motivi di tensione. Chiedete ai bambini. Loro la chiedon sempre la luna. Magari sanno dov’è che è andato il pericoloso. Noi lo conosciam bene, possiamo dirlo: non ne ha mai fatte di salite come il Gavia. Non ne ha mai visti di posti così, in bicicletta.
Non vi risponde neanche a voi, dite?
Eh, ora lo si va a prendere in elicottero. Tranquilli.
CONTINUA…