Catch me if you can.

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Storia di un guascone alla Milano -Sanremo.
Sabato sarà Milano-Sanremo, sabato sarà caccia a Peter folletto Sagan.
Edizione numero 109 della Classicissima, il campione del mondo, dopo due tentativi falliti di un soffio, proverà a portarla a casa. Garantito. Sagan avrà indosso il dorsale numero 61 e tutti punteranno quel numero come fosse una preda. Non lo invidio.
La Milano-Sanremo apre la stagione ufficialmente, anche se abbiamo già visto una straordinaria Strade Bianche mandare all’aria i luoghi comuni che vogliono nel ciclismo uno sport poco televisivo e spettacolare. Un capolavoro nel fango, andato in onda in diretta a scompigliare i sonnolenti pomeriggi italiani.
E, a proposito di fango, anche questa Milano – Sanremo promette bene.
Acqua sicura o quasi. Ma la Classicissima è sempre la Classicissima, mette voglia di primavera anche se nevica fitto (ricordate il 2013?). E allora sotto a chi tocca. Cioè agli inseguitori di Peter Sagan, “il guascone” nel mio libro “Il carattere del ciclista” .
E proprio da “Il carattere del ciclista” rispolveriamo allora il suo ritratto.
Che gli faccia coraggio.
Poi prepariamoci, pop corn alla mano, che è quasi ora.

“Dottore, ma io domani start?”
Autunno 2015, fa ancora caldo, sembra estate, il profumo del mare e delle creme solari è lo stesso di due mesi fa. Mentre guidi la tua Porsche Targa per le strade di Montecarlo, il tuo giubbotto di pelle nera risplende alla luce incandescente del sole. Un ciuffetto ribelle svolazza, mosso dal vento, da una parte all’altra del tuo viso, sei così bello e dannato. Lungo le strade, le ragazzine ti riconoscono e si voltano a gridare il tuo nome. Manco fossi in Grease. Pagherebbero per fare un giro sulla Porsche con te.

Hai scelto di vivere a Montecarlo perché qui ti trovi bene, ti piace respirare l’aria che c’è, un misto di salsedine e polvere di stelle. Quella di una passerella hollywoodiana, fatta di star, vip e jet set. E tu Hollywood te la sogni da quando eri bambino, quando di studiare proprio non ne avevi voglia. Qui c’è il Gran Premio di Formula Uno più famoso al mondo, ci sono gli yacht, i panfili e le barche più belle, qui sì c’è la vita che sognavi. Altro che Zilina, 200 chilometri da Bratislava, paesone anonimo della Slovacchia, diventato di confine da quando la fine della Guerra Fredda ha riconsegnato una Cecoslovacchia divisa in due.
Eppure, dopo tutto, a Zilina, tu ci sei nato, è casa tua. Vieni al mondo nel 1990, mamma e papà sono un’onesta coppia di ristoratori disposta a ogni sacrificio per tirare su i quattro figli. Le case di Zilina hanno tutte l’aria un po’ malinconica, i campi sono spesso coperti di ghiaccio e il cielo è grigio topo anche in primavera. Gli inverni sono freddi e lunghi. C’è davvero poco da stare allegri qui, soprattutto se sei un ragazzo irrequieto, con il fuoco che brucia dentro.
Fin da bambino, di stare al caldo, magari in compagnia dei libri di scuola, proprio non se ne parla. Allora, sempre fuori, all’aria aperta, a scorrazzare e infangarti, rigorosamente in maglietta e pantaloncini corti. Papà e mamma hanno un bel daffare a correrti dietro, con garze e cerotti. Un giorno una sbucciatura, un altro una botta, un altro ancora un capitombolo tra rovi e spine. Non c’è da stare sereni con te. Sempre esuberante, ai limiti della disobbedienza, un discolo fatto e finito. Con gli occhi però da eterno sognatore, un po’ Peter Pan un po’ Piccolo principe.  “Se non avessi fatto il ciclista, penso che avrei fatto il pizzaiolo”, vai ripetendo a tutti. Già, caro Peter, ma hai fatto il ciclista.
La tua tendenza kamikaze te la porterai dietro sempre, come un istinto innato e ribelle.
Nel 2010, in Australia, al Tour Down Under, prima gara da professionista, vai giù alla prima tappa, dritto contro le transenne. Ti maciulli un braccio, sanguini da tutte le parti, un vero disastro. “Te l’avevo detto! Avrà anche un fisico eccezionale sto’ Sagan, ma in bicicletta non ci sa proprio andare”, si borbotta a caldo nel tuo staff.
Alla fine, 32 punti di sutura in un pronto soccorso australiano, tra bagnanti morsi da squali e adolescenti in overdose o coma etilico. Finito di cucirti, la prima cosa che chiedi al medico della squadra è: “Dottore, ma io domani start ?”
Ti interessa solo quello: proseguire la corsa. Il Tour Down Under è una corsa a tappe, non un’unica gara, in pratica è il Giro d’Australia. Ogni giorno c’è l’opportunità di rifarsi. Così non molli, per quello che tu definisci un innocuo taglietto sul braccio. E poi, in fondo, si pedala con le gambe, no?
Rimonti subito in sella dunque, tutto fasciato e incerottato come quando eri piccolo e cadevi nei fossi. Non solo riesci a ripartire, ma ti metti anche in mostra infilandoti in una fuga con niente meno che mr Lance Armstrong. Alla fine sarai addirittura quarto in classifica generale. “Allora, chi è quello che non sa andare in bicicletta?” sembri chiedere con aria spavalda all’arrivo.
Il braccio nel frattempo gronda sangue di nuovo, i punti di sutura sono tutti da ricucire, ma chi se ne frega. Quella sera, a tavola, ai tuoi compagni toccherà imboccarti, però che bello, ne valeva la pena. Nel frattempo le tue gambe, invece, fremono. Vorrebbero già andare sul tetto del mondo. Sane e robuste, con polpacci che sembrano fiaschi e cosce che paiono damigiane pronte a esplodere.
Da bambino provi tutti gli sport possibili: karate, nuoto, calcio, skateboard, persino ballo, insieme alla mamma, grande sognatrice e fan di Dirty Dancing. Ne conosce ogni scena a memoria, chissà quanto quel film la fa evadere e immaginare un futuro migliore. Un futuro che tu le saprai regalare.
In bicicletta, inizi ad andare presto, unico della famiglia a provarci da subito senza rotelle. Ma non ti appassiona.
Finché un giorno di aprile vai a vedere tuo fratello maggiore, Juraj. Lui corre già in bicicletta e da grande vorrebbe fare proprio quel mestiere. Mentre sei lì a guardarlo volteggiare, assieme alle tue sorelle, succede qualcosa di magico che cambierà per sempre la vita. Succede che Juraj vince con un bello scatto potente e sicuro proprio in prossimità del traguardo, proprio davanti a te. Vince ma praticamente non esulta, del resto lui è fatto così, timido e introverso, tutto l’opposto di te. Il suo atteggiamento sobrio e dimesso ti fa letteralmente infuriare. A vederlo così incapace di gioire, in te scatta qualcosa: “Avessi vinto io, a quest’ora sai che putiferio farei”. Qui nasce Peter Sagan.
(…)

Continua a leggere “Il Guascone: Peter Sagan” su Il carattere del ciclista  (Utet 2016)

Foto: Borha Hansgrove