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Il Coriaceo: Bernard Hinault.
– Sì è vero, fa freddo e c’è la neve. E allora? Io sono pagato per pedalare –
Eccolo, è Bernard Hinault, il bretone burbero, dai modi sbrigativi, che più che un ciclista sembra un lupo di mare. Si fa largo nella hall dell’albergo Ramada di Dolembreux con aria di sfida. Bernard sembra uno di quei marinai usciti direttamente dalla bufera, con lo sguardo perso tra i marosi anche una volta a terra. Quello da cui tutti stanno alla larga per il timore, ma di cui avvertono anche lo straordinario fascino. Morirebbero dalla voglia di farsi raccontare una storia da lui. È il Capitano Acab del ciclismo in cerca della sua balena bianca.
Oggi la sua balena si chiama Liegi-Bastogne-Liegi e, per la cronaca, va arpionata e uccisa prima che sia lei a farlo con te.
“Dannate femminucce, se non ve la sentite di pedalare – ringhia tra sé e sé Bernard – tornatevene sotto coperta.”
Hinault la Doyenne l’ha già vinta una volta in carriera, tre anni prima, nel 1977, quando era solo un esordiente. Del resto, lui è sempre stato un esordiente vincente: nel 1978 si è aggiudicato addirittura il Tour de France al primo colpo, tanto per chiarire le cose. Tutti in piedi ad applaudirlo quella volta. Vincere la Grande Boucle alla prima partecipazione non è esattamente cosa da tutti i giorni, ci sono riusciti in pochi e quei pochi poi, salvo rari casi, sono diventati grandissimi. Il giovane Bernard sembra avere una strana luce negli occhi, quella di chi guarda sempre oltre l’ostacolo, senza paura di soffrire né di affrontare le ascese più impervie. Se si dovesse sintetizzare l’impressione che dà, si potrebbe dire che è un “duro”. Ma forse è riduttivo.
C’è chi dice che con Hinault ora in Francia si può finalmente tornare a pensare in grande. È arrivato, insomma, un nuovo Anquetil, quel mai dimenticato campione che per primo vinse cinque volte il Tour de France. È tanto che manca un corridore vincente ai francesi, uno di quelli con gambe buone per i grandi giri e per le classiche di un giorno. Uno che vinca sempre, che faccia il bello o il cattivo tempo, uno inossidabile e infaticabile. Bernard sembra avere tutte le carte in regola.
Il suo fisico muscoloso e compatto è un concentrato di potenza e capacità di resistere.. È difficile vedere un solo millimetro di massa grassa sotto quella maglietta attillata, rigorosamente a maniche corte, che disegna un busto da gladiatore.
Bernard è nato e cresciuto a Yffiniac in Bretagna, terra aspra, dura, forse persino rozza. Esattamente come lui. Hinault ha respirato a lungo, a pieni polmoni, la brezza dell’oceano e il profumo dei boschi umidi e freddi dell’entroterra. E bretone dentro non ha mai smesso di esserlo. Anzi, orgoglioso lo ha ripetuto allo sfinimento a ogni intervista: “Non sono francese, sono bretone”. Un certo fastidio, ai parigini, la cosa deve averla data.
Suo padre fa il ferroviere, nel senso che si occupa di montare e smontare i binari su e giù per la Francia. Lo fa ogni santo giorno dell’anno, che piova che nevichi o che ci siano quaranta gradi all’ombra. È una bestia con i piedi ben piantati in terra e una strana forza nell’animo, quella tipica degli Hinault, la stessa che trasmetterà con sua grande gioia al figlio. Questo è essere bretoni.
Se prima pioveva ghiaccio, ora nevica proprio, c’è poco da fare. La strada viene continuamente pulita dagli organizzatori per dare l’illusione che la situazione non sia poi così tragica. Ma serve a poco, in due minuti torna bianca e fangosa come prima. Dunque, meglio rassegnarsi: si dovrà pedalare in mezzo alla bufera.
E non è finita. Pare che appena fuori Liegi le cose siano messe anche peggio, i bollettini meteo sembrano quelli di una guerra. Nevica e nevicherà fino a sera” (…).
Da “Il Carattere del ciclista” – il mio nuovo libro in uscita per UTET ad aprile 2016
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