Salto in lungo (seconda puntata).


La mattina è fredda. Ma non ha il sapore di una mattina di montagna.
Lo si sente.
Il risveglio è impastato di sonno e trance pre-agonistica. Il Pericoloso chiede di firmargli una giustifica per incapacità di intendere e volere. Poi biascica due parole in croce in un curioso idioma lettone e si alza, in piedi, nel letto, con le SIDI Ergo Carbon 2 di vernice lucida ai piedi. Ha visto la luce.
Si mette a leggere, come monito, le parole di Mario Rigoni Stern, “Il Sergente nella neve”. Quasi si dovesse recare alla ritirata di Russia. I nemici immaginari sono loro, i Tartari, “I possibili temporali dal pomeriggio” come recita l’sms del comitato organizzativo. Oppure loro: i crampi sul Giau. Oppure anche codesti: i dubbi amletici sulla scelta da compiere al bivio di Cernadoi, lungo o medio, medio o lungo. Colonne d’Ercole o saggia e razionale comprensione ponderata dei propri limiti fisico-pischici. Ubris omerica o ragion tedesca.
Il Pitone, da par suo, giace invece in trance da colazione. Ascolta il compagno solo con un orecchio, sistemando meticolosamente la mantellina antivento nella tasca della maglia da corsa. Il caffelatte offerto dalla Pension Plang, quattro mura e un scala verso l’ignota soffitta, stipata all’inverosimile di strani rifugiati, nascosti nel fienile, è vicino all’imbevibilità.
Pane, marmellata, fette di torta. La colazione è religione per il ciclista praticante.
La discesa da San Cassiano a La Villa è veloce, sicura, incurante. Mantelline sbatacchianti al vento. Il sole non ancora sorto, là dietro i Monti Pallidi.
I due prendono posto in griglia, si mischiano alla folla, al rullo di tamburi tribali. Felice contrasto ideato da Michil Costa, il magmatico guru di questo raduno di ossessionati dal Dio dislivello.
Signore e signori, va in onda la 24esima edizione della Granfondo più bella del Mondo. La Maratona dles Dolomites.
Le pedivelle fremono. Gli animi s’innalzano. Michil recita le proverbiali profetiche parole intrise di Hegel e Goethe.
La metà degli astanti non capisce un cazzo. Ma fa folclore lo stesso. Si parte.
Il 34 in canna. E i pignoni dietro pronti a scattare a suon di deragliatore. Come un’armata delle tenebre (o Brancaleone) oliata di grasso dopo esser stata imbevuta accuratamente, la sera prima, di chanteclair. L’elisir di lunga vita.
Il Pitone e il Pericoloso (lassopra in coppia) ruminan subito agili. Non si scherza. Da La Villa a Corvara ci sono già più 100 m. di dislivello. I primi di una lunga odiessea a cercar se stessi dietro i cuscini di un’immaginaria cordigliera di roccia e sogni, di esperienze e timori, di voglia di strafare e di sano raziocinio.
Il Pitone va sano e va lontano. Il Pericoloso deve ancora capire cosa fare. Non sa che lo aspetta un grande giorno. Dubita, riflette, si perplime. E intanto scandaglia il bitume d’ogni tornante. In cerca del verbo. Ma se lo deve dar da solo il verbo. Non c’è profeta che tenga.
Da solo deve capire se è giornata da Colonne d’Ercole o meno.
E allora risparmia. Risparmia che poi se il Giau…
L’aria è frizzante, passa da parte a parte il casco dei due giovinastri, i capelli scompigliati da quest’effervescente brezza altoatesina.
Il Campolongo scorre facile. Il Pordoi li divide.
A ognuno il suo destino.
Mischiati alla massa pedalante, di un magico serpentone variopinto che sale come un boa multietnico con i colori della festa.
Ognun’ di quel ben di Dio di tornanti, che son 33, come gli anni di Cristo, vien fregiato da una pedalata colorata. Come le macchie di Pollock sui pedali di Pantani. Che sul Sella cambiò maglia, per non togliersela più. Già, il Sella. Ruvido e secco. Come il rumore dei salti di catena che accoglie i più sprovveduti. La discesa in picchiata dal Pordoi viene interrotta, come un coito, dalla secca ripatenza del Sella. 10% e amen. Occorre passare al 34 già in discesa. Pena: lo smadonnare indomito per le valli ladine di primo mattino, con la catena che cade. E anche qualcos’altro.
Ma intanto, le sirene del lungo ancora non ammaliano. Non si fanno sentire. È convinto, Egli, di andare a fare il Medio. Non sente ancor il lato oscuro della Forza. Non sa cosa l’aspetta.
Continua…