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Che sia un sogno. Non un’ossessione.
Sto cominciando a crederci. Per lo meno, in sogno.
Che poi la realtà, lo sappiamo, è un’altra cosa.
Ma intanto i sogni aiutano a vivere meglio. Dunque, che sogno sia.
E poi, diciamo, da ieri, anche un po’ di realtà.
Questione di mare.
Aria carica di iodio, profumo di sale sulle braccia e sulle gambe, cuore caldo.
Uscita epica e overdose di dislivello.
Non posso nascondermi: anche se ho paura lo dico. Al “Lungo” stavolta ci sto pensando seriamente.
Fa paura. Lo so. Ma sarebbe sciocco nascondersi dietro un dito. Ad oggi, credo, il “Medio” (non il dito) ce l’avrei già nelle gambe. Manca un mese. Spicciolo più, spicciolo meno. Non provarci, non sentirne il richiamo, sarebbe da idioti. Oltre che pavidi.
È chiaro: ci saranno mille variabili da tenere in conto. A cominciare dal meteo: l’anno scorso, a metà percorso, le nuvole hanno avvolto il Novolau. Manco a farlo apposta. E chi era sul Giau ha beccato gragnuola di palle di ghiaccio, roba da aver paura seriamente.
Ma se la giornata fosse bella, calda, se sentissi dopo i primi 5 passi, che nelle gambe mi gira qualcosa di strano. Con le sembianze del sogno, non dell’ossessione. Se vedessi che agile vado via – come sono andato via ieri in terra ligure – senza mai indurire i muscoli. Se tutto questo, insomma, si materializzasse, beh, credo che dovrei tentare. No? Voi che dite? Si accettano consigli pericolosi.
Tornando a ieri.
Sveglia anticipata ancora di una mezz’ora, 6:30, tanto che il cognato tornava da serata in riviera, quando io uscivo, con lauta sopresa: brioches calde, appena sfornate.
Mi alzo e come la mattina di Natale, le trovo materializzate sul tavolo della cucina, di fianco al casco.
Ingollo e mi catapulto giù per la discesa. Agguanto Chiavari, assonnata. Anzi proprio addormentata come un sasso.
Mi scaldo agile, fatico a trovare un bar aperto ove recuperare un coffe.
Siamo in vacanza, in effetti. La gente riposa felice.
Solo un’anima in pena può decidere di darsi alle danze della pedivella così presto.
Ci sono ancora 18°, tanto che senza mantellina in discesa ho quasi freschino. Il sole s’alza adagio, io mi prodigo di RPM per raggiungere la prima asperità di giornata. Il menù prevede infatti: Passo della Crocetta – Santuario di Montallegro (2 salite da 600 m. di dislivello ciascuna), Ruta – Portofino Vetta (altri 400 m.), indi picchiata su Recco – di nuovo Ruta (300 m.), indi rientro su Chiavari e salita finale a Leivi (altri 300 m,). Il tutto senza contare le rampe di Aurelia, con strappi anche al 10%, tra Chiavari e Zoagli (in tutto, si contano 250 m. di dislivello, spalmati su 10 km, fatti due volte). E la tragica, salite finale fino a casa: quella che fai con già la doccia nel cuore. E le gambe che chiedon pietà. Non così questa volta: dopo 2.700 m. di dislivello, le gambe giravano ancora, mulinando per bene il 26, rapporto agilissimo, ma mulinandolo come mai m’era capitato, dopo tanto dislivello. RPM davvero alta.
Insomma, uscita proficua che non fa che alimentare la paura, ma anche la gioia del sogno. Il Lungo.
Quel bivio, tra Colle Santa Lucia e Falzarego – laddove l’anno scorso piegai a sinistra per il secondo – me lo sogno la notte.
Chiudo con un’anticipazione pericolosissima e galvanizzante, in ottica MdD: Nicko 67, l’autista più pericoloso della Caffè Nero Bollente squadra corse immaginaria – Milano, ha scolpito, venerdì, in scioltezza lo Zoncolan. Ha ucciso il mostro. A breve, intervista pericolosa e foto dall’eroe di Ovaro.
Nel frattempo, un monito: che sia un sogno, non un’ossessione.
Totale distanza: 115 km.
Dislivello: 2.716 m.
Pendenza max: 14%
Tot. km salita: 50,1
Tempo: 05:36:19
V/m: 20.56 km/h
RPM/M: 79
RPM/Max: 121