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Corse di famiglia.
Gennaio. Io lo odio gennaio. Come i Nazisti dell’Illinois. Chi l’ha inventato, gennaio? Eh?
Chiunque tu sia, lo sai che andare in Brianza a gennaio è una sofferenza?
Però, anche un piacere. Siamo onesti.
La doccia calda al rientro, quel brodo di giuggiole di endorfine in cui ci si bea ebeti per il resto della giornata. Quel senso della “preaparazione” che comincia a formarsi. Preparazione ai grandi obiettivi stagionali. Anzi, bando alle ciance: “al” grande obiettivo stagioanle. Illo.
Dai, in fondo, è bello gennaio. E’ il mese del “via”. Quello in cui dai progetti si comincia a levare quel velo di incertezza, che par quasi neve, e si comincia a metterli in pratica.
Dai. Io lo amo gennaio.
Cioè, lo amo è un verbo un po’ forte. Diciamo che non lo odio. No, tranquillo: non sei come in Nazisti dell’Illinois.
Ecco.
E poi però mi viene in mente un’altra cosa, strana.
Che un po’ mi mette malinconia, un po’ invece mi carica.
Il 19 gennaio fu l’ultimo giorno sulla terra del mio buon nonno, scalatore puro.
Salì lo Stelvio, il Gavia, il Sella, il Pordoi e compagnia, prima di Coppi.
Già già. Avete capito bene: prima di Coppi.
Primi anni ’30, con una vecchia specialissima e non oso immaginare con che rapporti, prese armi e bagagli e iniziò a salire – borbottando qualche vecchio adagio milanese, perché era un brontolone nato – per una strada tutta sua. Per giunta, non asfaltata.
Ecco mi piace pensare che quella strada tutta sua oggi sto provando a farla un po’ mia.
Non so se sono all’altezza, non so come sono salito in bicicletta. Non me lo sono mai chiesto bene, sapete? Come sono salito, io, in sella? Come sono finito a trovarmi “pericoloso”?
Mi son fatto l’idea, romantica certo, che qualcosa di genetico o di “metempsicosico”, ci deve pur essere. Come è possibile che a due generazioni di distanza, due membri della stessa famiglia si incaponiscano per la stessa cosa? Un caso?
No. Trasmigrazione delle anime. E delle pedivelle.
Ecco, quando la mia mamma mi ha dato due anni fa le foto di mio nonno in cima ai passi, e io mi compravo la mia prima specialissima, ecco, è come se avessi sentito che facevo bene. Che era giusto così. Che avevo “redento” un pezzo di storia personale.
Lo ricordo quel 19 gennaio 1984. Avevo 11 anni e lo Stelvio pensavo fosse un piatto regionale abruzzese. Stelvio e polenta.
Mi salutò, scese per strada, veniva giù una neve da pandoro Maina. Quella zuccherosa e sottile, che par quasi innocua.
Il cuore gli fece capire che quella neve era troppa anche per lui. Manco fosse un tornate del Pordoi.
Dai, via quelle facce, mettete in tasca i fazzoletti. Ieri, comitiva zingara in landa brianzola: 1° al sole, e 80 km di pura passione cieca.
Con la salita in testa, e il nonno sottobraccio.
Totale distanza: 80 km
Dislivello: 650 m.
Tempo: 3:02′