C’è una strada nel bosco.

 

Come promesso: questo weekend sono stato selvaggio.

Come promesso: questo weekend sono stato selvaggio.

Il suo nome conosco. Altopiano di Rasone. Nel Parco dell’Alto Garda Bresciano. Diciamo la verità: sabato ne ho fatto solo un pezzo. E’ ancora freddo per salire fino in cima (1000 m.) e la strada è ancora parecchio conciata dopo il devastante, meteorologicamente parlando, inverno appena trascorso. 
Si sale da Gargnano del Garda, sulla sponda occidentale del lago, poco prima del confine con il Trentino. Si seguono le indicazioni per Navazzo e Costa. Il primo troncone di salita non presenta particolari difficoltà: 7,5 km al 5,5%, con solo qualche strappetto al 9%. Poi da Navazzo la musica cambia: si fa sul serio. Voltato a destra in direzione BrianoSasso, dopo un primo km a pendenza irrisoria, la salita presenta via via un crescendo di pendenze. Ho già 8,5 km nel sacco e vado su bene: mi alzo sui pedali, non ricorro nemmeno a rapporti eccessivamente agili. Siamo ora intorno al 10%, l’asfalto è porosissimo, praticamente sassi condensati in una sorta di magma grigio-bianco. Il che aumenta la difficoltà e la fatica. Dopo 9 km circa di salita, si entra in uno stupendo bosco. In questo secondo tratto, che credo di conoscere solo io e qualche boscaiolo, che infatti puntualmente incontro con tanto di trattore e sguardo sorpreso nel vedermi lì con una bici, ti senti veramente nella natura selvaggia. Il bosco è fitto, la strada stretta a curve e controcurve continue: non riesci a scorgerla che per qualche decina di metri, poi si riperde nel bosco. Tu la insegui, lei ti sfugge. Salgo costantemente con questa sensazione. Di puro piacere. Molto sturm und drang. Mi sento un viandante in pieno Ottocento. Leggo il cartello “pendenza 10%”. Stringo i denti e salgo. Poco dopo, come ben so, la strada spiana. Fanno 11 km di salita e 700 m. di dislivello.  Infilo la mantellina, ascolto qualche animale scappare nel bosco e respiro. Che bello, cazzo. 
Mi butto in discesa, cercando di fare attenzione alla strada sconnessa e pendente.
Bene, vi ho raccontato solo la prima salita. La più bella. Sul resto preferirei sorvolare: è da folli.
Sintetizzo per darvi dimostrazione della mia manifesta incapacità di intendere e volere di fronte alla salita: ripeto altre due volte il Navazzo, ovvero i primi 7,5 km di quella appena descritta. Più altri strappetti nel mio autistico andirivieni lungo la Gardesana, la strada tortuosa che costeggia il lago. Sono partito di casa alle 13:30, dopo un pranzo veloce escluisivamente a base di carboidrati,  e sono le 18 quando mi fermo nel piccolo paese di Bogliaco, in riva al lago. Sgancio i pedali e guardo le barche nel porto: qui si corre la famosa Centomiglia, regata velica che si tiene nella prima settimana di settembre. Il sole sta tramontando: lo vedo là, tra uno scafo e l’altro. Ci sono un paio di cigni sulla spiaggetta che mi guardano sospettosi. Mi chiama mia moglie: muovi il culo che ti danno per disperso.  

Totale distanza percorsa: 104 km.  
Dislivello: 1.700 m.
Tempo effettivo:
4:20′