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I Caratteri Del Giro: L’indecifrabile Gianni Bugno.
Nome: “Vedremo”
Professione: mai sicuro di niente.
Il Giro d’Italia è anche una grande occasione per vedere all’opera un campionario completo di caratteri. Una sorta di caleidoscopio junghiano di “tipi ciclistici”. Ci sono il rabbioso, l’introverso, lo scalpitante, il calcolatore, il subdolo, il permaloso e chi più ne ha più ne metta. Insomma, dimmi come pedali e ti dirò chi sei.
Del resto, 3 settimane di corsa (quasi) senza sosta mettono alla prova chiunque. Logorano nel fisico e nell’animo. Nascondersi, giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile.
Ogni tappa mette sempre un po’ più in luce chi sei. Fino alla resa dei conti finale.
Forse solo una grande corsa a tappe, da questo punto di vista, è il laboratorio ideale per capire di che pasta son fatti i ciclisti. Il vero banco di prova per il loro carattere.
Eppure non sempre è andata così.
Ci sono stati ciclisti, che anche dopo una corsa sfiancante in cui ci avevano illusi di averli capiti, invece, sul più bello, sono riusciti a sorprenderci. E a smentirci.
Come Gianni Bugno. Uno che il Giro d’Italia lo stravinse, tenendo la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa. Qualcosa di impensabile.
Doveva essere “l’imbattibile”. E invece no.
Nella sua carriera fu “l’indecifrabile”.
“Quando mi aspettavano non c’ero, ci sono stato quando non mi aspettava nessuno. Sapete, il primo a non capirmi sono io”.
Indecifrabile, mai sicuro di niente, prima di tutto di te stesso.
“Domani Gianni, cosa farai, attaccherai?”
“Vedremo”. Gianni Mura, inviato di “Repubblica” al Tour de France, decide di chiamarti proprio così – “Vedremo” – fin dall’inizio. Non la smetterà più.
Quello che hai in testa non lo sa mai nessuno, tu compreso. Inutile aspettarsi una strategia, una spiegazione o anche un barlume di ambizione. Quello che sarà sarà, e poche storie. Niente anticipazioni, niente previsioni. Si vive alla giornata e soprattutto senza sapere quanto e se si potrà contare su di te.
Le tue qualità non le conosci nemmeno tu: “Non sono uno specialista in nulla, né uomo da corse in linea, né a tappe, mi devo arrangiare come riesco dappertutto. In discesa poi non chiedetemi di andare troppo veloce, ho la labirintite. Ah e poi, alla mattina niente cappuccino, credo di essere allergico al latte”. Insicuro, esitante, vagamente pessimista. Questo è Gianni Bugno, classe ’64, nato a Brugg, in Svizzera, da una coppia di emigranti brianzoli. Uno svizzero-lombardo. Già questa una magnifica “indecisione” iniziale.
E la tua carriera sarà tutta un’esitazione, quasi un ripensamento costante. Anche nelle vittorie più belle, quelle che poi non vorrai mai rivedere in tv, dai sempre l’impressione di non essere convinto. Quasi le vittorie fossero un’onta da seppellire, una pericolosa maledizione da dimenticare il più in fretta possibile. “Non mi riconosco”, dirai sempre quando ti rivedrai vincere in tv.
(Da “Gianni Bugno: l’indecifrabile” – “Il Carattere del ciclista” Utet 2016)
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