Allungo.

A Novecolli's fairy tail.

Il percorso lungo della Novecolli, come tutti voi sapete (non lo sapete!? Scomunica!) è veramente duro. In grado di far selezione con il suo solo nome: al bivio, posto dopo circa 100 km, tra percorso medio e percorso lungo, sono pochi quelli che vanno per la selva oscura. Gli altri tiran dritti senza neanche guardare, con le gambe tremanti. L’applauso di qualche sparuto locale spettatore ti fa capire che stai per fare un salto. Nel buio. O una cretinata, che dir si voglia.
Ma torniamo all’inizio. Riavvolgiamo il nastro e partiamo dal principio.
Allora. Domenica 22 maggio 2011. Cesenatico. Porto Canale. Ore 06:44. Parte la mia Novecolli, fonte Garmin Edge 500 (cliccare in fondo a questo post, per leggere tutti i dati GPS).
La prima parte del percorso è nervosa, ma nota e, nel complesso, se la si conosce, abbordabile: ci sono subito circa 30-35 km di pianura, in cui si tira in trenino. Cinquanta secco e media alta: anche 40/h. Poi c’è il  Polenta, il 1° colle e anche il primo imbuto. Se parti in griglia “arancio” (perchè ti sei scordato di iscriverti, e sei stato ripescato fuori tempo massimo, come noialtri) non ti puoi lamentare: sai che dovrai fartela a piedi. E così è. Il Pitone e il Pericoloso toccan terra con le loro Sidi Ergo Carbon 2, animo in pace.
Poi è la volta del Pieve di Rivoschio, colle numero 2, salita più lunga, ma pedalabile e dunque il Ciola, colle number 3. Idem come sopra: abbastanza lungo, ma pedalabile. Infine, ecco Mercato Saraceno, che significa lo spauracchio “Barbotto”. il quarto famigerato colle, dove diventa più importante muoversi come funamboli tra le decine di piedi a terra che affrotnareè in sé quell’ultimo km al 18%. Che, in fondo in fondo, al terzo anno che lo faccio non mi pare ormai niente di ché.
Segue una decina di km nervosissimi, di cosiddetti “mangia e bevi” (ma a me sembra solo di mangiare), fino al bivio, di cui sopra.
E sono in pochi domenica 22 maggio a voltare a destra. Quando lo facciamo, un brivido ci percorre dalle natiche alla punta dell’ultimo dei capelli.
È una svolta drastica. In tutti i sensi.
A tutto ciò che si è fatto finora: 205 km non è una distanza come le altre e mai li hai fatti in allenamento, sei scemo? A tutto ciò che è “prudenza e raziocinio”: parole care alle mogli la sera prima a cena, ma che noi, complice la notte, abbiamo lasciato sotto il cuscino. Cretini che non siamo altro. Ma tant’è. S’è svoltato e ora tocca menare.
All’ultimo ristoro in comune ai due percorsi, quello mitico del Barbotto, si è formato un bel gruppetto di 5. L’andatura è la medesima, ma Pietro da piazzale Lavater cade presto vittima di crampi e resta indietro.
Si rimane in 4. Belli carichi e sognanti. Pericoloso, Pitone e i 2 Fratelli Schelck, così battezzati in quanto fratelli, certo, ma soprattutto in quando spilungoni magrissimi, dalla RPM folle in salita.
E si affronta, in 5, dopo un toboga di curve nel bosco, il 5° colle.  Il Monte Tiffi. Sapremo poi: nominato “Carogna”. Sono pochi km, 4 o 5, ma quasi tutti a doppia cifra. E arriva, quando si ha già la bellezza di 2.000 m. di dislivello nelle gambe. Una rasoiata al cuore. Ancor prima che ai quadricipiti.
In cima c’è solo una piccola fontanella. Si fa la coda per l’acqua, sotto i 30° gradi all’ombra. Non si osa fiatare, ma tutti e 4 sappiamo che probabilmente se parlassimo ci diremmo brutte cose.
Sono solo 113 km, metà gara praticamente. E il morale è già in subbuglio.
Al Tiffi-Carogna ti agguanta la consapevolezza che sto maledetto “lungo” della Novecolli non è mica un “lungo” come gli altri. Sono due gare distinte, il lungo e il medio. Non c’è confronto. Se fai il lungo, devi tenere in conto 2 medi. Non so se ho reso l’idea.
Non si può improvvisare. Non si può giocarci sopra. Devi adottare una strategia.
Quella della pazienza. Pazienza, pazienza, niente fretta di arrivare. Altrimenti, sei fottuto.
Si affronta allora la discesa dal Tiffi e si agguanta il Perticara. 9 km di ascesa, con punte al 12%. Agile agile, il Pericoloso si rianima e si riconcilia con il terreno a lui più caro: la cara, vecchia salita e con il ciclismo in toto. Che bello questo sport.
In cima c’è il ristoro. Pizzette, panini, crostate, coca cola. Un pranzo luculliano, una festa in tuo onore. Valeva la pena salire.
Arrivano il Pitone e il secondo dei fratelli Schleck. Rifocillati, si plana e si guadagna il 7° Colle. Fotocopia del 6°. Cambia il nome: Pugliano, ma non la sbobba è la stessa. Gradoni su gradoni, tratti più tranquilli, ancora gradoni cattivi. È Cima Coppi di giornata: con i suoi, apparentemente risibili, 790 m. di altitudine. La Novecolli è così: si sale dal livello del mare ai cinque-sei-settecento metri. Non di più. Continuamente. E le salite sono tutte uguali: irregolari. A scale. Impossibile sentire e trovare un ritmo regolare. Impossibile rilassarsi: quando arrivi in cima, che sia Ciola, Barbotto o Perticara, sai che non è finita. Tornerai a salire e scendere anche nei successivi km. Non c’è altra regola nella Novecolli che questa: non aspettarsi mai la pianura, o la discesa rilassante e lunga, da mettere cibo sotto i denti.
È come andar per mare, fare la Novecolli. Finita un’onda, ti prepari alla successiva, senza fiatare e anche se ancora non la vedi. Non è la Maratona, non sono le salite cui siamo abituati noi lombardi, nel triangolo lariano. Niente lunghi chilometraggi, niente regolarità. Niente “Passi”. Solo e soltanto rasoiate continue. Cattive e improvvise, quando magari stavi pensando di rilassarti o mangiare qualcosa. È cattiva la Novecolli. Non è dolce.
Occorre testa e pazienza. Lo impariamo in 4 sul Perticara, lo mettiamo in pratica sul Pugliano e ne facciamo tesoro sulle ultime due fatiche. l’8° e il 9° colle. Passo delle Siepi e il famigerato Gorolo. Quest’ultimo arriva dopo una deviazione rispetto al percorso classico, causa frana. E quando leggi “40 km all’arrivo”, ti viene da ridere.
Il Gorolo arriva verso il 170° km, e ha cartelli d’ingresso impietosi che blaterano di pendenze al 17%. È questa l’anima di questa granfondo. Il proiettile ben assestato quando speri che non arrivi.
Il caldo è sahariano. 35° e l’acqua bevuta è da Sahel: 9 litri.
Uno dei fratelli Schleck va in crisi. Crampi. E rallenta. Il minore rallenta per confortarlo.
Pitone e il Pericoloso van su con la forza della disperazione, ma, dio santo, van su bene.
Agili e senza soffrire. La vetta è a portata di gamba. E di cuore.
Ultimo ristoro, primi sorrisi.
I 4 eroi si tuffano nella corsa finale.
Gli ultimi 30 km sono all’insegna dei più celebri rientri dalla Brianza. In trenino, sempre sopra i 40 km/h. La gamba esplode di salute.
Un’energia nuova l’ha resa più forte. Si mena il cinquanta come non lo si è mai menato.
Si sentono le pulsazioni regolari e continue. Ci si sente in carrozza.Niente fa più paura.
Quando arriva Cesenatico e l’ultima – mitica – curva, con la paglia protettiva, le emozioni sono tante. Il trenino mette a tutti e 4 un groppo in gola mica da ridere.
L’abbraccio finale è la summa emotiva di tutto quello che è il ciclismo, anche amatoriale. E che gli altri sport, anche amatoriali, non sono e non saranno mai.
Soffrire, andare oltre, concludere, abbracciarsi. Gesti umani semplici e dimenticati. Tanto che quando li provi ti stupisci della loro bellezza e intensità.
E solo noi 4 sappiamo quel che abbiamo fatto, fraternamente aspettandosi e dandosi manforte, qualcosa di non esattamente indifferente. 205 km e 3840 m. di dislivello.
In ritardo, ma arriva anche Pietrone da Lavater. Lo vedo in albergo: ha la faccia dell’eroe. Il sorriso ebete che solo io e il Pitone abbiamo come lui. Gli occhi lucidi. Gli altri non possono capire.
Il rientro in auto, lungo l’autostrada, mi dà modo di pensare a tante cose, mentre cala il sole di una giornata indimenticabile.
Penso che ho fatto bene e che tutto ciò mi ha fatto bene. Ma non so, non posso e forse nemmeno c’ho voglia di spiegarlo il perché. Ce lo teniamo per noi. Siamo ciclisti. Ohibò.

Novecolli 2011 per giaco72 in Garmin Connect – Dettagli.

(fonte immagine: http://www.rapha.cc)