Quella sporca, ultima meta.

26 giugno 2011. Gavia chiama, Pericoloso risponde.

Morissi in quest’istante – toccatevi tutti -, vorrei aver fatto almeno una cosa nella vita.
In quella di uno scalatore, non può mancare.
È la regina delle regine. Non è la più alta. Non è la cima coppi. Non le coppa delle coppe.
Ma è la più affascinante, selvaggia e completa, per durezza, lunghezza, dislivello, pendenza, che ci sia.
È il Gavia, bellezza.
Figliuoli, il pericoloso ha partorito una nuova meta estiva. Considerando che il tal giorno sarà anche il compleanno della sua amata, potete ben capire che la portata di tal sporca meta è davvero epocale.
La meta è l’Aprica. Il 26 giugno dell’anno prossimo venturo. La meta nel cuore è a 2.600 metrini dal mare, ove molti per quel giorno saranno sanamente a prendere il sole e/o sguazzare.
Non lui. Non er pericolosum. Illo sarà – o così almeno per il momento lascatelo sognare, tra coltri di nebbia e piogge torrenziali – in cima al Passo Gavia.
Magari tra due muraglie cinesi nevose come nella straordinaria, fantasmagorica foto quassopra, che tanto ha ispirato questo post.
Sì, c’è anche un certo signor Mortirolo, ad allietar la compagnia. Ma volete mettere con quell’altura ove osan le aquile e qualche sparuto perdalator errante?
No, che non volete mettere.
Bene e allora non mettete. Spegnete il raziocinio. E cominciate a sognare.
Lasciate a casa il cervello, portate il cuore. E le gambe. E se non ne avete, portatele in spalla che tale è la portata del sogno che non potranno far a meno di seguirvi.
Come si presenta un anno che annovera tra sé due obiettivi come la Maratona dles Dolomites e la Gf Giordana, ex Marco Pantani, in soli 15 giorni?
Eh,  non dite che si presenta male. Dite la verità: sarà una tumulto nel cuore. Una nuova, grande, splendida avventura. Tutta da cavalcare.
Si comincia domani. Si comincia con la brina, con la Brianza nebbiosa, con al piana padana in agilità, lungo il Naviglio. Si comincia con il freddo nei polpastrelli che se ne va dopo un paio d’ore di orgasmica pedivella maltrattata. Si comincia con il primo Lissolo che ancora il copertoncino scivola. Si prosegue poi con il primo, lento sciogliersi dei ghiacci. Con le prime sortite lunghe, le primaverili scorribande nel triangolo lariano. Ci aspettano Brunate, il Bisbino ancora. E di nuovo la Colma, il San Primo, la Madonna. Già, quella del Ghisallo.
Le prime fughe in salita in grupponi da 10. Le prime classifiche ufficiose tra amici sul Valico di Valcava. E poi e poi, senza nemmeno accorgersi, eccola. L’estate. E là in fondo con la bocca spalancata come quei due panetti di burro a bordo carreggiata, la sagoma, selvaggia e incantata, del Gavia.
‘Fanculo l’inverno. Io vado di corsa.