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Sentieri interrotti.

Norddal. A due passi dal Polo.
Holzwege sono i sentieri nel bosco… ognuno di essi procede per suo conto, ma nel medesimo bosco. L’uno sembra l’altro… legnaioli e guardiaboschi sanno cosa significa trovarsi in un sentiero che, interrompendosi, svia.
(Martin Heidegger)
Bene. Mentre il sottoscritto, autoproclamatosi pericoloso, dopo aver rinunciato, per aver scelto la famiglia, alla Gfranfondo Italia di Carpi, si faceva i suoi 105 km e 1.300 m. di dislivello, in solitario, nelle lande brianzole, ecco che quelli di Rapha andavano al Polo Nord in bdc. Cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare. Premesso che Rapha è un sito, anzi farei meglio a dire un centro di gravità permanente, ma instabile, che irradia sogni a pedali per qualunque ciclista innamorato del suo sport, devo dire che questa volta l’hanno fatta grossa. Oltre i limiti dell’imbarazzo e della decenza.
Il team Rapha è andato a scalare niente popò di meno che le alture del Norddal, piccolo comune norvegese, ai limiti del Circolo Polare Artico. Credo che mai bicicletta da corsa abbia conosciuto tali lande, immerse nella selvaggezza più estrema. Norddal è infatti circondato da una zona boschiva e rocciosa, tutta cascate e ghiacciai (in estate), che durante l’autunno viene investita – quando va bene – da autentiche tempeste d’acqua e vento, in grado di allagarne completamente la zona. Bene, che c’è di meglio che pedalare nel Norddal in pieno autunno? Questa la scommessa di Rapha.
Ovvio, mica per niente. Ma anche per bieche ragioni di marketing: qualcuno quelle mantelline esoteriche, quelle giubbe scure retrò e innarrivabili, quelle maglie in lana merino, le deve pure indossare. Rapha, per chi non lo sapesse, produce infatti l’abbigliamento più amato, e mai indossato, dal vostro ciclista pericoloso preferito. E per pubblicizzarlo lo mette indosso a dieci-dodici pazzi scriteriati che ci vanno in giro, cavalcando le estremità più estreme del mondo, a bordo di una specialissima. E, nel mio caso, possono dire: bersaglio colpito. E affondato.
Mettere in piedi, sia pure per ragioni commerciali, un’avventura simile, tra i ghiacci e fiordi, a due passi dal Polo, beh, a mio avviso, è un’opera d’arte della comunicazione. E io ne sono, felicemente e consapevolmente, vittima.
Vedete, quel che cerco di trasmettere qui da mesi, se ci riesco, è il perfetto mix di sport e natura che una bicicletta da corsa porta con sé. Salire lo Stelvio, il Falzarego, il Pordoi, sono esperienze prima di tutto mistiche. Dove il piacere per lo sport e la fatica si mescolano alla perfezione con lo smarrimento intellettuale e la riconquista dello spirito. Perdersi per ritrovarsi. In armonia con la natura. A contatto con emozioni primitive, fisiche e mentali. In una parola: sentirsi liberi. Non ha senso tentare di spiegare queste emozioni. Sarebbe meglio, infatti, praticarle. Abitarle queste zone estreme dell’animo, che per una volta, coincidono alla perfezione con quelle del globo. Che siano le Dolomti o il Circolo Polare Artico. Tuttavia, la ragion di vita di questo blog è proprio il cercare di spiegarle e, se ci riesco, condividerle.
Certo anche un lembo di Brianza può regalarle: ieri mentre salivo al Colle da Castello, in mezzo ai boschi grondanti di castagne, solo, vedendo il profilo incofondibile del Monte Rosa stagliarsi in lontananza, ho pensato che quello in quel momento era il posto più bello del mondo. La mia bussola interiore, il mio cuore palpitante sturm und drang, mi dicevano che era così.
E allora: che la tempesta sia con voi. Guardatevi le foto di Rapha (qui) e godetene impenitenti. E se mai vi venisse la tentazione di montare in bdc, carpe diem. Life is short.
(fonte immagine: http://www.rapha.cc)