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Dolomiti spezzine.

Passo del Bracco. Pordoi vista mare.
Okay. Mi sono rifatto.
Sabato: 118 km, e oltre 2.000 m. di dislivello. Vista mare.
Sto saggiando, via via, quantità di dislivello crescenti. L’obiettivo sono gli almeno 3.100 m. del medio della Maratona, prevista per il 5 luglio. Mancano 2 mesi. Ergo: sto solo facendo il mio dovere.
Il problema dell’altitudine sta diventando fastidioso: abitare a Milano non aiuta. La landa piatta che mi circonda per un raggio di almeno 40 km in ogni direzione è un grosso ostacolo alla preparazione. Posso anche uscire un giorno sì e uno anche (cosa che per ovvi motivi mi è comunque impossibile), ma finché mi trovo da queste parti, devo mettere in conto almeno 80 km, per arrivare a fare blandi falospiani o strappetti ridicoli di 2 km. Come le briciole di una pietanza decisamente più saporita.
Soffro. E comincio a preoccuparmi in vista dell’ “Obiettivo” stagionale.
Intanto conto sulla 9 Colli, che si approssima vieppiù: 24 maggio.
Per prepararmi a quella (che conta quasi 1.900 di dislivello per 130 km.), cerco di sfruttare al massimo i weekend o le vacanze che ho a disposizione, avendo la non trascurabile fortuna di potermi giostrare tra Levante ligure e litorale benacense.
Bene.
Così, metti un sabato al mare, metti un meteo, finalmente, estivo ed ecco che ci scappa il record personale assoluto di dislivello.
Ah, in settimana arriverà il Sigma Rox 9.0, ciclocomputer con altimetro e inclinometro, un giocattolino con i fiocchi, a dare una mano ai miei, al momento rudimentali, metodi di calcolo del dislivello.
Diciamo però che i miei attuali errori possono essere al massimo per difetto: sommando i dislivelli delle singole salite, esculdo infatti quegli impercettibili saliscendi che, nell’arco di uscite lunghe, fanno comunque accumulare altri metri di altura.
Diciamo dunque che ai 2.000 m. da me calcolati sabato, ce ne saranno altri 100-150 da aggiungere di strappi e strappetti vari.
3 le ascese principali: Passo del Bracco da Trigoso (15,6 km per 615 m. di dislivello), Santuario di Montallegro da Rapallo (9 km, 585 m. di dislivello), Ruta da Rapallo (7 km., 300 m. di dislivello), più il tratto di Aurelia da Chiavari a Rapallo e ritorno (nel quale si accumulano in tutto almeno 500 m. e probabilmente di più).
Ma la cosa che più importa di questa uscita, è stata la scoperta di una strada stupenda. Una delle più belle che abbia mai fatto. Il Bracco, appunto.
Sono quasi 16 km, da Riva Trigoso, il primo tratto quello più duro. La strada si lascia alle spalle il mare e il golfo del Tigullio. Si addentra sulle aspere pietraie dell’Appennino, passando prima per boschi che paiono alpini. Qualcosa di favoloso. Se non ci fosse il mare che salta fuori ogni volta che te lo dimentichi, potresti pensare di essere in Trentino o Val d’Aosta. Il finale poi è tutto un crescendo di costoni di roccia a strapiombo sul mare. Vecchie case cantoiere abbandonate, qualche motociclista, un paio di bar, sono gli unici tuoi compagni. E poi, quella magnifica sensazione, che chi è stato sul Sella o sul Pordoi conosce bene, del “Passo”. Il Passo ha un’aura particolare. Hai la sensazione lunare della vetta. Dell’ascensione. Senti il sibilare del vento, vedi la roccia senza vegetazione. Ma se sul Sella, a 2.240 m. posso capirla, qui a poco più di 600 m. sul livello del mare, mi suona sconvolgente. Eppure è così: l’ascesa al Passo del Bracco non ha nulla da invidiare a quella verso un qualsiasi passo Alpino. Ci sono tutti i passaggi che la compongono: l’attacco che non lascia presagire la vetta, il tratto nel fitto del bosco, l’uscita allo scoperto dove non c’è pi ù vegetazione, ma solo roccia fredda e incandescente allo stesso tempo. La vetta del Bracco mette i brividi per bellezza, pace e spazio alla meditazione Zen.
La salita è facile. Non ci sono mai pendenze che superino il 9%. Ci sono diversi tratti pianeggianti o comunque con pendenze molto dolci, irrisorie. Solo l’attacco e il tratto finale, appena prima dell’ultimo chilometro, sono “seri”: nel senso che richiedono un impegno medio. Per il resto è una salita abbordabilissima. Eppure è lunga, lascia soli. Non si incontra quasi nessuno. Qualche ciclista lo vedrò solo in discesa mentre sale: sono partito di casa alle 7:30, presto. Per il resto, un paio di motociclisti e poco altro. Dalla costruzione dell’A12 che ha sventrato la montagna, nessuno si avventura più su questi tornanti. Per questi bellissimi 16 km. Una volta landa desolata e abitata solo da briganti, poi ascesa storica del Giro d’Italia, e quest’anno tornata in vita, in occasione del Giro del centenario: prevista una bellissima crono fino alle 5 Terre. In vetta, ascolto il vento e il silenzio.
La discesa è una manna: facile, rilassante, permette di cogliere ancora meglio tutto il ben di Dio che si è appena affrontato salendo.
Il resto dell’uscita lo dedico concentrato all’allenamento: senza distrazioni. Strada che conosco a memoria: da Sestri alle prime rampe dell’Aurelia per Rapallo, saliscendi continui, curve e controcurve. A Rapallo prendo subito a destra per il Santuario di Montallegro. Circa 10 km dal centro del paese per 600 m. di dislivello. Pendenza media del 6,8%, punte del 12%, con quel solito drittone nel finale che pare non finire mai, costantemente al 10%. Polpacci granitici, bevuta, crostatina. E giù: verso La Ruta. L’ultima ascesa. Il ritorno sarà duro. Le ultime rampe dell’Aurelia faranno male, e dovrò ricorrere a rapporti molto agili per salvare la gamba. La prima galleria sopra Zoagli, poi la picchiata e la risalita repentina e dura. Le due ultime insenature, e finalmente “Le Grazie” , poi, finalmente solo discesa. Su Chiavari.
Il benessere non ha prezzo.
Totale distanza percorsa: 118 km.
Dislviello: 2.050 m. ca.
Percorso: Chiavari – Passo del Bracco – Rapallo – Santuario di Montallegro – Ruta – Chiavari.