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Dietro front.

Pioggia come criptonite: il ciclista pericoloso si trasforma in ciclista timoroso.
Si poteva fare. Cazzarola.
E invece.
Invece no.
Dopo 40 km dalla partenza, il ciclista pericoloso per due gocce si trasforma in ciclista timoroso.
Essì, signore e signori miei: ho desistito.
Beh, devo dire che la scelta non è del tutto infondata: sabato, sul Garda, giornata splendida, 24°. Nulla lascia presagire che il giorno dopo il meteo si trasformerà in una strega cattiva, foriera di insidie.
E invece è così: a sera, breve check del meteo, e leggo titoli in grado di stendere un toro. “Allerta meteo a partire da domenica”, “Il maltempo accelera: domenica piogge intense su tutto il centrord”.
Consulto telefonico con Mario: decidiamo di provarci comunque.
Salvo diluvio già al risveglio: notare, Mario verrà da Milano, e si alzerà alle 4 del mattino.
Io mi alzo alle 5:30: devo essere a Salò, luogo della partenza della Granfondo “Giro dei 3 laghi” per le 6:30, per ritirare pacchi-gara e pettorali.
Mi alzo: fuori è buio, non si capisce come sia il cielo.
Faccio colazione: due fette di torta, un caffè. Esco in giardino che albeggia: è coperto. Fa un freddo cane. Altro che primavera. Altro che il giorno prima.
Carico la bici e le speranze e parto per Salò in auto.
Ritiro i pacchi, i pettorali, mangio una banana, mi incontro con Mario. Tutto è pronto. Il cielo no: livido. A un concorrente arriva un sms: A Bergamo, piove già.
In griglia. Con i ricordi proustiani dell’edizione precedente, un anno fa: la paura, il parkinson mentre mi appiccico il mio primo pettorale sulla schiena. Oggi sorrido: mi sento molto più scafato e sicuro.
Si parte.
Subito a tutta.
Resto in un buon gruppo.
I primi km sono interlocutori: blanda discesa, poi pianura lungo il lago.
Il cielo è sempre peggio.
Ma non lo vedo, io: frullo la pedivella, frusto il 50.
Vado via bene: cambi regolari all’interno di un gruppo, con il sottoscritto che si trova a tirare lui a 40/h come nulla fosse. Mica male, pensando a un anno fa.
Poi, a Gargnano, curvone. E quadretto famigliare spezza-cuore: Mattia, Fabio, i miei bimbi e la mamma a gridare “Forza papà!”.
Caricato come una molla, affronto la prima salita – il Navazzo – sui pedali.
A Navazzo ritrovo Mario che avevo perso alla partenza.
Ci infiliamo le mantelline prima di entrare nel gelo della Valvestino: 7-8°, non di più.
Curve e controcurve, blandi saliscendi. La diga. Il lago artificiale, il ponte. Non una casa per 15 km. E’ un’area “Wilderness”, la Valvestino.
E per non smentirsi inizia a bagnarci. Piove.
Cazzo.
Proseguiamo incuranti, ma io me ne curo. Me ne curo eccome.
Già perché là davanti, all’altezza del bivio per Bollone c’è la montagna sulla quale dobbiamo salire, che scorgo avvolta da nubi minacciose e con qualche spruzzata di neve sulla cima. Il GPM è posto a Capovalle, a 1.000 m.
La pioggia non molla. Si fa più fastidiosa.
Ci penso. Ci ripenso: mancano 95 km. C’è una discesa di 12 km fino a Idro da affrontare magari sotto il diluvio.
Vale la pena? Me lo ha ordinato qualcuno?
Queste le domande che mi si affastellano nella mente come corpi nuvolosi.
Mi faccio cupo come il cielo.
Le gambe vanno bene. So che farei probabilmente una grande gara.
Ma la testa si è fermata: ho paura.
Paura di cadere sull’asfalto bagnato, paura del freddo in discesa, paura di infradiciarmi e diventare un ghiacciolo incapace di intedere e volere: paura di farmi male.
E per la prima volta, da ciclista pericoloso, mi dico: ma chi me lo fa fare?
Casa mia, a Gargnano è solo 20 km più sotto.
Guardo Mario, rallento: lo informo della mia decisione. Inderogabile.
Lui mi dice: sentiti libero, ti capisco.
Sotto i costoni di roccia, nei pressi di Turano, e le gocce che cadono sulla mantellina giallo fosforescente, prendo l’amara decisione. Volto la bici e torno a casa.
Penso a tante cose mentre sfreccio in senso opposto agli ultimi grafondisti che salgono. Qualcuno mi chiede, qualcuno si è fermato e aspetta il carro scopa. Qualcuno mi ha preceduto nella decisione.
Affronto la discesa su Gargnano con la convinzione di aver fatto bene. La pioggia è aumentata e le previsioni erano chiare: non poteva che aumentare.
E invece, come per miracolo, il cielo terrà, tra blande pioviggini e momenti di asciutto fino alle 13. Mario farà in tempo a non bagnarsi più di tanto, e a concludere con un ottimo 5 ore ll suo Giro dei 3 laghi.
Peccato.
Certo, però è anche giusto riconoscere che le scelte non sono mai frutto del caso o dell’impulso.
So che non me la sarei goduta, che l’avrei fatta a denti stretti, che la testa non era con me. So che la dose di coraggio deve essere commisurata al piacere. E non al dovere.
So che, a volte, è meglio fermarsi.
Anche se è doloroso.
Però, cazzarola: si poteva fare.