Fuel for Life.

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Bene, ho fatto il pieno.
Ora posso tornare a scrivere.
Questo post nasce dall’idea, in colpevole ritardo, di dire un po’ di grazie.
Grazie innanzitutto a tutti quelli che sono venuti mercoledì 16 aprile da Upcycle alla presentazione di “Ma chi te lo fa fare?“. Curioso: fatico ancora a pronunciare il titolo del mio libro. E vi faccio una confidenza: il titolo lo proposi io quasi un anno fa all’editore, come spunto. Come work in progress. Se ne innamorarono perdutamente. A tal punto che a opera conclusa, quando a me non convinceva più, non han voluto sentire ragioni. “Come, cambiarlo? Ma sta scherzando? Si fidi: è perfetto, non deve aggiungere altro.
Perché voi ciclisti siete matti. Siete quella domanda lì vivente”.
Mi sono fidato. E devo ammettere che funziona.
Risponde in pieno ai miei perché. E in fondo se ho scritto per anni su questo blog e poi un libro è proprio perché dovevo rispondere a una serie di perché.
Perché, vedete, si scrive e si pedala per un’urgenza interiore. Stessa cosa.
Ma torniamo ai grazie.
Grazie, dicevo, a tutti coloro che sono venuti il 16 aprile. Ma grazie anche a coloro che non sono venuti e che però mi hanno scritto. E grazie anche a coloro che non hanno trovato il libro: colpa mia. Ne ho fatti arrivare troppo pochi. È andato letteralmente a ruba. Non l’avrei, davvero, mai detto.
Grazie poi ad Upcycle, il Bike Café Restaurant di cui sono orgogliosamente socio: abbiamo fatto un figurone con la ruota lenticolare (ora autografata) di Moser, gli hamburger e la mitica 4 luppoli.
Grazie a Stefano Rodi di Sette: ormai amico, non ci resta che pedalare assieme. Come naturale conclusione di mille telefonate e scambi di mail.
Grazie a Francesco e Moreno Moser: una famiglia caduta nel pedale dalla nascita. Come Obelix nella pozione magica.
Ora lo posso dire, Francé: io ero saronniano. Ma tu mi hai fatto capire che la vera ammirazione è quella che si ha per gli avversari più forti.
Grazie a Tito Boeri: se l’economia va in bicicletta, direi che abbiamo fatto bingo.
Grazie, questo speciale, a Emanuele Pirella, l’unico “capo” che ho mai avuto: senza di te, non avrei scritto una parola. E la tua scomparsa, ne sono sempre più convinto, è solo una stupida burla che c’hai fatto.
Grazie, anche questo speciale, a chi mi sta scrivendo in privato, fenomeno che mi stupisce ogni giorno di più. Sconosciuti che mi dicono che il mio libro li emoziona, che tira fuori quello che hanno dentro quando pedalano. Come se là dietro ci fosse tutto un mondo nascosto di gente che in qualche modo doveva dirlo. Non aspettava altro. Aveva bisogno di urlarlo al mondo intero.
Non ci scocciate più con questa domanda: ecco perché lo facciamo.
Grazie. Davvero. Non potevo ricevere compenso migliore.
Grazie ai Manetta che sono sempre stati letteratura senza sapere di ancora esserlo.
Grazie a Marco Saligari, che mi ha raccontato la storia di una banana più saporita delle altre e che mi ha fatto capire cosa vuol dire essere eroi.
Grazie a Pino Roncucci che mi ha ascoltato e “smontato” con pazienza: Marco, quello vero, lo conosce davvero solo lui. Fragile un cazzo.
Grazie ad Antonio Colombo, per aver fatto biciclette che sono pezzi di rock n’ roll. Senza Cinelli, molto di questo libro non ci sarebbe.
Grazie poi a tutti quelli con cui pedalo ogni giorno: non c’è un’uscita che non sia degna di racconto. Torniamo sempre lì, scrivere è pedalare. E viceversa.
Grazie alla musica: fonte inestinguibile di ispirazione in questi mesi. Ogni capitolo è stato scritto sotto l’effetto sonoro lisergico di una canzone diversa.
Grazie a Fabbri e Rizzoli per aver accettato e pubblicato di buon grado le mie elucubrazioni a pedali.
Insomma, grazie a tutti. La vera benzina per l’anima siete stati voi.
Bene, ora, cari avvocato, gelataio, ingegnere informatico, ingegnere elettronico, autista e ortolano, veniamo alle cose serie: programmi per domenica?

Photo Credit: Kevin Dooley