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La fuga perfetta.
Io triumphe, cari, fedeli, pericolossissimi lettori.
Come raccontarvi di queste pazze 24 ore?
Da che parte cominciare?
Da che cosa?
Non lo so, non ho le parole. Datemele voi.
Davvero. È la prima volta, da quando scrivo, che mi vengon a mancare.
Sapete, credo sia stato un poema oemerico. Con gli eroi, il coro, le lacrime dionisiache, catartiche. La fatica, il sudore, la gloria.
Ci vorranno anni per elaborare il tutto.
Per entrambi. Per me e per la mia squadra del cuore.
Loro la storia, io il miglior tempo di sempre alla Novecolli.
Loro Milito. Io -16 minuti rispetto all’anno precedente. 5:03’.
Sono volato sui colli, ho ingranato una strana benzina nel motore. L’ho sentita poche ore prima. Non ho chiuso occhio. Ho aperto la felicità.
Mi sono rigirato nel letto tutta la notte. Felice come un bimbo. L’attesa della Novecolli m’è sembrata una dolce, tiepida gioia da gustare avvolto in una bandiera nerazzurra. Troppo per dormire.
Gli occhi umidi, carichi di un’emozione indescrivibile, difficile da raccontare. Ancor più difficile da elaborare. La pelle d’oca, impazzita e incontrollabile. Difficile far capire a chi non è tifoso cosa abbiano significato questi giorni.
E aggiungeteci, la bellezza del tutto. Di questa straordinaria concomitanza di sport e passioni. Di una Novecolli da correre 6 ore dopo “La” festa. Una due giorni indimenticabile.
Un sottile filo rosso deve esserci, se ho fatto il tempo che ho fatto. Se ho tenuto una media di quasi 27 all’ora su un percorso che, fonte il mio Rox, supera i 2000 m. di dislivello per un totale di 134 km. Ci deve essere. Anzi c’è. Sì, Mourinho mi ha pensato. Cambiasso ha abitato i miei polpacci sul Ciola. Milito mi ha spinto in un dribbling principesco e impossibile, tra ciclisti esausti che crollavano a terra, sulle rampe del Barbotto. 18% con il numero 22 sulle spalle.
Io triumphe, cari lettori pericolosi. Come Gianni Brera 28 anni fa.
Ho attaccato il numero sulla schiena sabato alle 19, dopo non sarei stato più lucido per farlo. Cinque ore dopo ci ho aggiunto, sul numero, la spilla neroazzurra prelevata, per qualche ora, dalla cartella di mio figlio. E via. Sono volato, con uno strano vento in poppa. Verso la mia, personalissima gloria. Ove l’anno scorso ci mettevo 5:19’. Il 23 maggio 2010, con la coppa sotto il braccio, ci metto 5:03’.
No, signori, non c’è coincidenza che tenga.
Loro erano davvero con me. E io, io ero davvero con loro.
Stipato tra 4 bavaresi, carichi di birra fino al midollo, nella pensioncina romagnola. C’era anche Fellini, lassù da qualche parte, a riprendere il tutto. Piadine, Crescioni, Sangiovese.
Io, smorto. Bianco in viso. Teso allo spasimo. Prima.
Poi, solo felice. Rubicondo. Ebbro.
Incollato davanti a uno schermo, tra un frigorifero Bindi e una reception d’albergo, che per anni ricorderà il mio urlo, solitario, liberatorio, tardelliano, strozzato dal pianto di una sera di maggio.
Io triumphe.
Solo un’immagine: avevo nove anni. Ero piccolo e vergine d’emozioni. Lo stadio ero lo stesso. Quello strano presidente partigiano, dopo essere stato zitto, si è alzato e ha detto: “Adesso non ci prendono più”. E così io, sabato, sono saltato sulla sedia al secondo, straordinario, capolavoro. Vai, ciclista pericoloso, vai: non ti prende più nessuno. Con buona pace di quelli che ti hanno voluto male in questi mesi- e ci sono stati – In una bellissima e personalissima metafora di vita, per una notte, non ho chiuso occhio. Mi sono alzato, ho baciato i miei bambini addormentati come scoiattoli nella tana, ho letto l’sms di Mario, da Madrid, ho infilato la maglia, il casco e ho volato. Come ET, la luna era ancora in cielo, ma la mia Estrada volava già alta. L’aria era frizzante, la mantellina indosso. La partenza e poi la corsa. Come quella – che mai dimenticherò – di José, pazzo d’amore, per un prato verde, una sera di maggio.
Cosa volete di più, che vi racconti del Polenta, del Ciola o del rientro a 50 all’ora per le rotonde romagnole? O dell’arrivo in spiaggia, prima del previsto, con la medaglia al collo (la danno a tutti, ma a me è sembrato fosse lì solo per me)?
No. Non vi racconto niente. Ho solo volato. Volato sulle ali di una notte unica. Magica.
Via, ora mi metto buono. C’è ancora la Maratona.
Dopo Gimondi e Novecolli, mi manca la Champions League.
PS: un ringraziamento speciale va a Pietro, compagno non-tifoso, di questa Novecolli, che ha saputo compatirmi, sopportarmi e divertirsi a guardarmi. Grandi risate, grandi bevute, grandi pedalate.
Totale distanza: 134 km
Dislivello: 2.080 m.
Tempo (in real time): 5:03′
V/m: 26,88 km/h.