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Gimondi Blues.
Domenica 25 aprile, festa della Resistenza partigiana.
5:10, sveglia pericolosa.
5:30, auto pericolosa.
Scassatissima Peugot, che pare la Blues mobile di Elwood e Jack. Da contrasto fanno le specialissime stipate nel bagagliaio: gioielleria pura. Insieme fanno 4 volte il valore commerciale dell’auto.
Ore 6:00, colazione pericolosa in autogrill pericolosamente abitato – a quell’assurda ora – solo da ciclisti con gambe da combattimento, magrissime, depilate, da favola che nemmeno Belen Rodriguez.
Io e il Pitone del Gratosoglio, i fratelli Blues del pedale, sorseggiamo amabilmente beati un caffè accompagnato da una schifosissima brioche a lievitazione innaturale.
Ore 6:15. Bergamo, Stadio Comunale. No, non stiamo andando a vedere l’Atalanta.
Ultimi preparativi pericolosi: panino, banana, borracce, casco.
Già, il casco: prima delle dimenticanze. Si torna indietro e lo si riprende dal bagaliaio.
Si va: discesa verso le griglie di partenza, saggiando in agilità la gamba, sulle belve da spavento.
Alt, fermi tutti: dimenticato i guantini bucati. Niente guantini, niente partenza.
Torno indietro, riapro il bagagliaio della Bluse mobile, agguanto il guanto e riparto. Ore 6:50, in griglia. Ore 7:00, lo start.
Il resto diventa quasi secondario.
Sì, vi potrei parlare degli imbottigliamenti iniziali, per uscire da Bergamo, quasi fossimo in auto. Oppure, del Colle dei Pasta, o di quello del Gallo, o del bellissimo Selvino, 946 m. che paiono 2000. Sembra il Pordoi versione light. Tornantoni regolari, pendenze anche. Ti alzi sui pedali e guardi giù il consueto serpentone di caschi colorati, drago cinese, che sale bello, regolare, sincero, dietro di te.
Oppure potrei raccontarvi degli straordinari ristori, carichi di fragole, banane, frutta secca assortita. Non le solite barrette o crostatine.
Certo poi che se vi iniziassi a parlare delle discese, planate, tra tornanti perfetti, o della bellezza selvaggia della Val Taleggio, che tutto ricorda fuorché il formaggio omonimo, non finirei più. Ma ve la racconto, perché è la cosa che mi ha colpito di più.
Strada incastonata perfettamente nella roccia, cascatelle, prati verdi, alberi robusti, panorami fino alla Valtellina – credo almeno: correggetemi se sbaglio – salite regolari e ben distribuite nel dislivello e nella lunghezza. A Costa d’Olda, 806 m. slm, si scende per qualche km poi si risale fino alla Forcella di Bura. Discesone finale che avvolge la Val Taleggio e poi piega nuovamente verso la civiltà. Bergamasca.
E taccio poi degli ultimi km da asfissia, a 50/h, in treno, con cambi regolari fino al traguardo. La gamba lucida, il cuore caldo.
Gran giornata.
Rientro a Milano, festanti e strafatti come due bambini dopo una partita di calcio al campetto dell’oratorio, gote rosse, occhi lucidi, sulla Blues Mobile. Manca solo la polizia ad insguirci.
Numeri pericolosi:
Distanza totale: 131 km
Dislivello: 2187 m.
Tempo: 5:10:04
V/m: 26,4/h
(soste lunghe ad aspettarci senza, puntualmente, ma incontrarci )