Rullando con Proust.

Storie di rulli e Madeleine.

Ho preso ad andare a letto presto la sera, spesso mi assopisco senza che nemmeno abbia il tempo per accorgermene o quello di spegnere la luce sul comodino. Il sonno si popola dunque di pensieri ciclo-dinamici: Granfondo cui mi presento tragicamente in griglia in borghese. Con le Clarks. La Maratona, cui mi trovo a partecipare senza aver percorso nemmeno un mille metri di dislivello in allenamento. Altre volte, poi, mi vedo allo scollinamento del Giau, in stato prossimo al coma, con la mia famiglia a fare il tifo e la mia nonna, mai soddisfatta, a rimproverarmi come quando ero bambino: “ndemm Giacomo, gli ater inn già mo’ pasà tucc’ da un quart d’ura!” (Orsù prode Giacomo, gli altri atleti han già scollinato tutti dandoti almeno 15 minuti).
Serata in cantina. Con il cuore che pompava a mille e nessuno a casa ad aspettarmi (moglie e figli in quel di Roma), ho pensato: “E se mi viene un infarto, qui, ora, nel sottosuolo?”. Lo sterno trafitto dalla fatica, i polmoni prossimi all’asfissia, le gambe fruste impazzite e incontrollabili. Questi i sintomi della rullite acuta.
5 ripetute di salita (da 7 minuti l’una) agilie con rpm 80-90, resistenza del rullo 8, su una scala da 10. 2 minuti di recupero tra le ripetute. Devastante.
Dico solo che dopo ho mangiato 3 etti 3 di penne al pomodoro e un Maxibon al cioccolato, inebetito davanti a Bayern Monaco – Fiorentina.
A letto, ho chiuso gli occhi, appena spenta la luce. Come un bambino. Come Proust.
Se c’è una cosa bella dei rulli (e ce ne sono infinte, date retta), è proprio questa: farli la mattina ti dà la carica per la giornata, farli la sera ti scarica della giornata. Pronto per la notte. A letto dormi sonni popolati da favole a pedali. Le più belle e materia per psicoterapeuti di sempre.
La fatica fatta sui rulli, mi dice il “Suocero pericoloso”, deve essere di qualità. Poco tempo, tanta sostanza. Recuperare gli intestizi perduti della giornata, per dare forma alla propria preparazione.
Beh, ieri credo di averlo fatto. Menando, sudando, sbuffando. Ma, alla fine, provando piacere. Se non c’è quest’ultima componente, il rullo vien meno alla sua funzione endorfinico-salutare. La doccia rinfrancante e la constatazione che la muscolatura prende forma, fanno il resto.
Domenica niente uscita: sarò a Roma in vacanza. I rulli mi aspetteranno al rientro. E le uscite su strada, anche infrasettimanali, spero possano avere, ora, il via. Con permesso – s’intende – di Giove Pluvio. Ma tu permetti, vero, o Giove?