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Capricci.
Portatemi là. In cima. Ci voglio andare subito. Capito?
Non tra un’ora, tra cinque minuti o un secondo. Subito. Chiaro?
Su-bi-to!
Ho voglia di salire, non fatemi scendere.
Ho voglia di sentirmi una pulce, non un treno. Voglio volare come una piuma, alta, sorretta solo dal proprio peso. Senza niente da portarsi dietro.
Ho voglia che i campi di grano mi guardino dal basso.
Ho voglia che il bosco mi avvolga, che la roccia mi faccia strada, che gli occhi di una lucertola mi guardino passare.
Ho voglia di manciate di case all’improvviso, di un cane che mi segua salire.
Ho voglia di lavare via la fatica, lo sporco, la ruggine.
Non ne posso più di questi cieli bianchi come il latte scaduto. Di questi acquitrini da risaia, di questi alberi spogli e malmostosi.
Voglio andare dove finiscono le nuvole. Lo sai, mamma, dove finiscono le nuvole?
Ecco, io non lo so più. Dove finiscono le nuvole. Le vedo ovunque.
Come in un sogno, cammino e provo a spostarle. Ma loro, le nuvole, non ne vogliono sapere di andar via. Brutte.
E’ l’inverno, mi dicono. Ma io non lo voglio l’inverno.
Siamo solo all’inizio, rincarano. Ma io voglio essere alla fine.
Voglio il sole. Lo voglio adesso qui. Ah, e non quello pallido che filtra mogio dalle finestre. Voglio quello giallo, arancio al tramonto, turchese quando lo voglio io.
Perché devo aspettare 6 mesi? Uffa, non è giusto.
Mamma, me lo compri un lecca lecca a forma di Stelvio?
Posso invitare il Falzarego a giocare? E il Giau a fare i compiti?
Scalatore sconsolato chiama salita. Rispondete…
quando il bambino era bambino, se ne andava a braccia appese.
voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente, e questa pozza il mare.
quando il bambino era bambino, non sapeva d’essere un bambino.
per lui tutto aveva un’anima, e tutte le anime erano tutt’uno.
quando il bambino era bambino, su niente aveva un’opinione.
non aveva abitudini. sedeva spesso a gambe incrociate, e di colpo sgusciava via.
(Peter Handke)