La battaglia di Maratona – Atto I.

Pordoi, 5 luglio 2009. Il sole bacia i belli.

Pordoi, 5 luglio 2009. Il sole bacia i belli.

I Monti Pallidi ci sono tutti. Mentre dormivo, non ne è scomparso nessuno. 
Li conto, uno ad uno: ci sono tutti. E sono incantevoli. Così, là con quel cielo così quintessenza del cielo. Albeggia: il signor sole non c’è ancora. Vedi le stelle, là tra il “Catinaccio” e il farsi del Sella. Una vaporosa scia di aereo da chissà dove si spande come un velo di marmellata tra le fette di Valparola e Val Badia.
La rampetta dell’albergo al 18% in discesa, i manicotti tirati, lo smanicato dalle tasche stracolme: paio disegnato da Botero. Gonfio di barrette, crostatine, ed emozioni da provare. Fresche, nuove, da inventare. 
Sono fiducioso.
In mezzo a quattro vecchiacci bavaresi, mi ingollo una banana. Mario ride isterico. Ci siamo. Si parte.
Con il 34 in canna e pignoni alti dietro. Mai successo. 
Da La Villa  a Corvara, il silenzio della valle, il ronzio dei deragliatori già chiamati al loro sporco lavoro. Nessuno parla. L’altoparlante scandisce “Riders on the storm” dei Doors. 
Sento le Neutron Ultra navigare lisce sull’asfalto, come la chiglia di un catamarano che ha appena lasciato il porto. La tecnologia più sofisticata a contatto con la natura incontaminata. Un matrimonio perfettamente riuscito e insolito. 
Sono incredibilmente sereno: sento che sarà un grande giorno.
Il Campolongo mi porta su tranquillo, agile, ineffabile. Con i suo curvoni che mano mano scostano le case del centro di Corvara e si aprono su prati verdi popolati da mucche scampananti. 
La discesa su Arabba, affrontata alle 7 del mattino, è meno fredda di quel che credessi. Il sole comincia a spuntare più convinto. La salita successiva è l’apoteosi della salita. 33 tornanti sontuosi, per quasi 10 km di fatica, contenuta. Guardi su, guardi giù: uno spettacolo che sale. Nessuno lo dice: ma nessuno ha mai visto niente del genere. Lo capisci dal silenzio. Che puoi dire?
Il sole ci bacia tutti: dal primo all’ultimo. Tutto il Pordoi è illuminato dalla luce più bella, la prima del giorno. Che roba, ragazzi. 
Si scollina dolci a 2239 m. sul livello delle veline. L’aria è fredda, hegeliana, romantica.
La discesa, nell’ombra della valle di Canazei, è ghiacciata. Ci sono 7° secchi. Il freddo ti penetra nelle ossa, come un tuffo in un fiordo norvegese. Non te l’aspettavi, la montagna è severa: ha rigori cui non si è avvezzi, da cittadini. Nell’ombra del bosco di abeti, si piega secchi a destra, il deragliatore fa scattare il 34 nuovamente: attacca il Sella. La salita più dura come pendenze dell’intero Sella Ronda: 5, 5 km, pendenza media al 7,8%, massima al 12%. Si trema intrizziti, ancora manicottati, per i primi tre-quattrocento metri.  Il sole del Pordoi resta un ricordo: poi torna vivo, vegeto, vigoroso. La vetta del Sella, a 2.240 m., lo scopre in tutto il suo splendore: le tre cime che incastonano il Passo sono arancio pieno, il cielo e azzurro puro. Un’orgia di colori. I cuori di tutti sono gonfi, solenni. Si vede. 
Si scende dal Sella che è un piacere, baciati dal tepore dei raggi, i manicotti bastano e avanzano, la mantellina resta un ricordo. La Val Gardena ti accoglie poderosa e poi ti spinge, ti rilancia come uno spettatore, verso il suo passo. Il Gardena. Un canyon che secca la gola. Cascate che scendono pendenti lungo la roccia arida, arroventata dalla palla gialla in cielo. Enormi canaloni di ghiaia e detriti, guglie scolpite: là da qualche parte c’è la Tridentina”, ferrata unica al mondo che conduce nel cuore del massiccio del gruppo del Sella. Non so che ancora non ho visto niente. Ma sono felice lo stesso. Mi fermo, al primo ristoro: addento un panino allo speck, gongolante di emozioni. Guardo la terra, mentre due muse tirolesi mi raggiungono con un vassoio: portano in dono cubetti di formaggio ladino e strisce di salumi. E’ un matrimonio. Il mio con le Dolomiti. 
La bici ferma sull’erba, accanto a una mucca. Il serpentone che sale sempre silente. Una costante questa, mai vista in nessun’altra Granfondo. Non una voce, solo un ruminar di pignoni. Che spettacolo. Aggancio il pedale e attacco la nuova discesa: mi aspetta Corvara per la seconda volta.
CONTINUA… 

(foto: Cycling Challenge)