La battaglia di Maratona – Prologo.

 

Per 2 giorni, sono espatriato mentalmente.

MdD 09. Per 2 giorni, sono espatriato dal nostro Paese.

Non so dove inizia, dicevo.
Forse dal fatto che m’è sembrato di essere all’estero. Per una volta.
Sì, insomma, di non essere in “Itaglia”. Perdonate: sono poco patriottico.
Già, m’è sembrato di partecipare a qualcosa di finalmente intelligente, serio e tremendamente bello dentro. Qualcosa che di non-italiano. Qualcosa a duemila metri dalle nostre “furbizie”, dai nostri vizi, dai nostri Alberti Sordi, pace all’anima sua, dalle nostre Veline e dai nostri festini. Il secondo classificato che viene squalificato per aver gettato una borraccia con integratore per terra come il più consumato dei pro. Ma dove siamo? In Alta Badia. Su un altro pianeta. Il pianeta Maratona.
M’è sembrata una fuga. Da tutto ciò che sento come poco mio. E un incontro, intenso, sensuale, erotico con un tutto ciò che invece sento sempre più mio.
Fin dal giorno precedente, orde di ciclisti a tutte le ore. Drappelli colorati, caschi pirotecnici, ruote a basso, medio, alto profilo: Flucrum, Campagnolo, Light Wight, Amrbosio, Mavic. Un’orgia di componentistica per bambini malati. Clima da tripudio in ogni ristoante, bettola o bistrot. Potrei parlarvi degli spaghetti taglia XXXL del ristorante la Tor, fornitore ufficiale di carboidrati per i due pazzi caffè nero bollente from Milan. Potrei parlarvi della “Stanza pericolos”: la room numero 8 del Garni Miriam. Caschi, pantaloncini, manicotti, creme, olii, banane disseminate come nemmeno nel Motorhome dell’Astana dopo una tappa pirenaica. Potrei parlarvi della rampa al 18% per arrivare all’alloggio dal paese. Potrei parlarvi dei messaggi Datasport che preannunciavano temporali che non ci sarebbero invece stati. Potrei parlarvi dell’attimo di sconforto quando li abbiamo letti: della camminata ZEN nel bosco, al tramonto, per dimenticarli e ritrovare noi stessi. Potrei parlarvi del gatto nero che per fortuna non c’ha attraversato il bosco. Potrei parlarvi della sveglia alle 4:30 e della giornata tersa incantata che si è aperta agli occhi, contro ogni previsione. Potrei parlarvi della colazione con speck e formaggio tirolese, marmellata al ribes e caffelatte fatto da cani. Potrei parlarvi delle nostre tasche stipate come gobbe di un cammello. Potrei parlarvi della paura, svanita, quando lo speaker dice il fatidico “Là davanti a voi c’è la gloria. Andatevela a prendere”, e parte “Beat it” di Micheal Jackson. Potrei parlarvi delle prime pedalate. Sì, ma non lo faccio ora. Lo farò nel prossimo post. Intanto vi basti sapere che sono espatriato mentalmente per due giorni e che fa bene alla salute. Alla faccia delle veline.
Io scelgo il Pordoi. 
CONTINUA… 

(Questo post è dedicato a Franco Volpi, docente di Storia della Filosofia all’Università di Padova, recentemente scomparso in un incidente stradale, mentre si trovava in sella alla sua bicicletta)