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Tick Tock, It’s Pavé o’clock.
Siamo tutti in fibrillazione. Domani sarà Parigi-Roubaix. La corsa più folle, impossibile e, per alcuni, bella al mondo. Per altri solo un massacro. Hinault chiamava le sue strade “quei sentieri”. Saronni ci pianse sopra, dopo una caduta. Altri si esaltarono fino a farne una magnifica ossessione. Vero, Tom Boonen?
Dal mio nuovo libro, “Il carattere del ciclista”, ecco due o tre cose che so di lei:
L’Inferno del Nord, come chiamano qui la Parigi-Roubiax, fu inventata tanti anni fa da un signore con i baffi, Theodore Vienne, insieme al suo compare Maurice Perez.
I due ideatori volevano una corsa che partisse da Parigi e arrivasse dritta dritta proprio nel loro velodromo, nuovo di zecca. L’avevano appena costruito al centro del parco di Barbieux e ci tenevano moltissimo.
All’epoca, e stiamo parlando del 1896, di grandi classiche ce n’erano solo due: la Parigi-Brest-Parigi e la Bordeaux-Parigi. Due corse massacranti, da partire all’alba e arrivare col buio. Senza rapporti, senza radioline, e soprattutto senza testa sulle spalle. Ma con gambe, quelle sì, buone e vigorose come tronchi d’albero. La prima esiste ancora e la corrono oggi anche gli amatori, la seconda l’hanno abolita, e non se la ricorda più che qualche appassionato.
Andare da Parigi a Roubaix non era certo una passeggiata, intendiamoci, ma poteva essere, sulla carta, meno sfiancante. Incaricato di organizzare la corsa e, soprattutto, di provare il percorso in bici per primo, fu Victor Breyer, redattore della rubrica ciclistica del giornale “Le Velo”. Si narra che Victor quella sera arrivò a Roubaix non sa nemmeno lui come, dopo una giornata passata sul pavé sotto una pioggia battente. Dovettero tirarlo giù dalla bicicletta di forza e portarlo dritto in camera da letto. Voleva mandare all’aria tutto, si dice che avesse già scritto un telegramma, pronto da spedire a Parigi in redazione: “Questa corsa non s’ha da fare!”. Troppo dura, troppo pericolosa, troppo anche per chi l’incolumità ha scelto per professione di rischiarla.
Poi però la storia vuole che la sera, in preda alle endorfine, dopo un bagno caldo, Victor ci ripensò. Non mandò mai quel telegramma. Pochi mesi dopo, la domenica di Pasqua, tra le incazzature dei parroci e della Chiesa, si corse la prima edizione della Parigi-Roubaix.
Le pietre della foresta di Arenberg ringraziano ancora. E così anche chi ama il ciclismo.
(Da “Il carattere del ciclista” Utet – 19 aprile 2016)
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Foto: Jered Gruber.