Frigidaire.

Esemplare di cilistapericoloso ibernato.

Facce sottozero. Cronaca di una dipendenza.

“Frigidaire” è una mitica rivista a fumetti degli anni Ottanta. Controcorrente, irriverente, d’assalto.
Come il sottoscritto, che esce con -3° nella landa padana.
Eccolo lassopra. Faccia da Blizzard, volto tumefatto, labbra cianotiche. Sguardo: assente.
La voglia, il sentimento, la follia, la voglia di farsi  – come Pentotal di Andrea Pazienza – han prevalso su ogni barlume opaco di ragione. Una domenica incantata: cielo terso come non lo si vedeva da mesi, non più la coltre bigia e fuligginosa che avvolge la piana Padana di questi tempi. Aria da subito frizzante, inebriante oserei dire, il Rox che si inchioda sullo zero nel centro cittadino, per poi scenderci sotto appena il cemento armato si dirada e la campagna brianzola si fa strada incontinente.
Io, Mario, Nicko, Pietro. Monosillabi sincopati, che si aggirano come spettri nel vocabolario del gelo polare. Più pedali e più ti senti in procinto di scalare il Nanga Parbat.
Ci vogliono i consueti km prima di smettere definitivamente di sentire le mani: all’inizio fanno male, pungono come spilli, i polpastrelli; poi le terminazioni nervose diradano progressivamente i segnali al cervello e l’insensibilità subentra sovrana al freddo percepito. Fino alla calda doccia del rientro, le dita (delle mani e dei piedi) te le puoi scordare.
Il corpo, invece: bello tonico, caldo dentro e fuori. Merito del cuore, grondante passione autistica, ma soprattutto della elvetica Assos, dai prezzi inconfidabili ma dalle qualità termiche (e estetiche) sopraffine. Giacca invernale salva – vite umane.
Il Monticello scorre così veloce, ci sono pochi sparuti pedalatori della domenica, il gelo fa paura stavolta: diverse le pozze ghiacciate, pronte a darsi al pattinaggio. Buono il ritmo in agilità, buono il lavoro fatto sui rulli in settimana. Rpm mai sotto gli 80 per tutta la salita. Si guadagna la rotonda, ci si aspetta, mentre aumentano via via i cavalieri della pedivella. Svegliati dai raggi di sole.
Ci si infila in un trenino e via: si guadagna Torrevilla, dove, as usual, si piega per Sirtori che si agguanta tra scatti e controscatti, come bambini, per arrivare primi. Nei pressi del cimitero la temperatura e il ghiaccio ci inducono a seppellire i progetti velleitari di andare a far visita al Colle. No, non è ancora tempo. Le ossa reclamano clemenza. Si rientra.
Ritorno frammentario, con Mario che scatta a tuono (egli passista nato è), e noi, invece, dietro a chiacchierare e contenere. Troppo il freddo patito per correre come si deve. Il tratto finale me lo faccio, però, da solo. Controvento – gelido, ovviamente – fino a Cologno, poi aspetto Pietro e assieme ci facciamo gli ultimi metri di una Milano surreale senz’auto.
A casa, bagno caldo e foto post-ibernazione. Zanardi sarebbe orgoglioso di me.

Totale distanza: 78 km
Dislivello: 529 m.
Velocità media: 27/h
Temperatura: -2°/3°