La prima caduta.

 

Ciclista pericoloso diventa ciclista rovinoso.

Ciclista pericoloso diventa ciclista rovinoso.

Non si scorda mai.
Sabato: sono da poco passate le 13:00. Ha appena iniziato una leggera, ma insistente, pioggerellina su Milano e tutta la Lombardia. So che domenica essa diverrà diluvio. Indi decido di uscire. Mi dico: faccio un paio d’ore, niente di più, solo pianura. In agilità. Giusto per tenere in movimento la gamba, che, tra parentesi,  sento bella tonica in questo periodo e mi spiacerebbe tenere ferma proprio ora che mancano 3 settimane al primo appuntamento di stagione, il Giro dei 3 laghi. Opto per il naviglio della Martesana, e la sua ciclabile, dove ho iniziato a pedalare e che non faccio ormai da tempo. Appena dopo Crescenzago, piego a sinistra. Prima di passare sotto il ponte della Tangenziale, all’altezza di Cologno Monzese, c’è un ponticello che passa sopra un corso d’acqua non meglio definito. E’ stretto, ci passano due persone affiancate al massimo. Sono sui 30/h, non di più. Il fondo è di un materiale di difficile definizione: pare metallo, tipo quello delle passerelle per i traghetti. Vedo un uomo con due sacchetti della spesa che ci sta passando (si chiama “pista ciclabile”, ma in Italia è come dire “marciapiede”), ho tutto il tempo per rallentare, lontano. Appena sfioro i freni, la bici parte: mi sfugge completamente dalle mani come su una pista di pattinaggio. Ovviamente, cado dal lato del cambio e piegherò per bene il forcellino che lega il telaio al cambio, oltre che,  leggermente per fortuna, anche il telaio. Fortuna vuole che sia uscito con il muletto Decathlon e non con la “belva” Cinelli in carbonio. Con il tempo che c’era avevo optato saggiamente per tenerla a riposo in cantina.
Cado su un fianco: per fortuna l’istinto mi fa appoggiare la mano e non mi faccio nulla. Se non una leggerissima abrasione sul ginocchio destro e una botta sul palmo della mano. Ma lo spavento resta. Non ero mai caduto. Non avevo mai fatto prima di sabato l’esperienza della totale perdita di controllo del mezzo. Questa la cosa che più mi ha colpito (e mi colpisce tutt’ora) dell’intera cosa. Il fatto che appena sfiorati (nemmeno premute le leve) i freni, la bici sia andata per conto suo di fianco. Entrambe le ruote. Come fossi su una lastra di ghiaccio con gli sci. Mi rialzo, i pignoni più grandi sono inutilizzabili: la catena salta dentro i raggi. Per fortuna, utilizzando i pignoni intermedi, la bici cammina senza particolari problemi.
Decido così di superare subito la paura per la caduta, visto che non ho dolori particolari. Mi metto ad andare, senza usare il cambio. Mi faccio 50 km di pianura così, sempre sopra i 30/h. Via via la paura e il timore spariscono. E mi sento meglio. Torno a casa e penso però a tutte le volte che ho fatto tratti “a tutta” in mezzo al traffico e a cosa avrebbe potuto succedere se la “lastra di ghiaccio” l’avessi trovata lì. Meglio non pesarci. Anzi no. Meglio pensarci eccome.
E sapere fino in fondo quello che si sta facendo quando si esce in bdc. Dunque farne esperienza e imparare a essere più concentrati. Il giorno dopo mi sento un po’ un rottame: doloretti un po’ dappertutto. Ma niente di particolarmente fastidioso o preoccupante. Benvenuto nel rutilante mondo delle cadute, ciclista pericoloso.