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La rivista che non c’è.
Rouleur is aimed at those people who, like us, are passionate about the sport, but don’t expect to see bike tests and race reports. Instead, the magazine focuses on exquisite photography and writing that really gets under the skin of the great riders and theatres of road racing.
Parole sante. Subito. Cerco un centro di gravità permanente. Che non mi faccia mai perdere il contatto con le ruote e con la mente. Cerco la rivista che non c’è.
Può una rivista avere la grazia e la poesia della pedivella e la penna affilata di un poeta?
Può una rivista non parlare dell’ultimo modello della vattelapesca bike, del professionista che finge di essere pulito e non lo è e di tutte quelle cose di cui le riviste nostrane sono invece colme come una santonorè indigesta?
La risposta è sì. Basta che la rivista non sia italiana. E questa rivista, italiana non lo sarà mai. Tanto che non ho idea di come sia possibile procurarsela, salvo ordinarla online. Beh, se passate di lì, dateci un’occhiata, perché è un pugno nello stomaco. Fatto di amore, immagini e inchiostro. Di quelli che non si scordano. Credo che Gianni Brera solo, forse, avrebbe potuto accedere all’olimpo di Rouleur. Là dove osano le migliori penne del ciclismo, i migliori fotografi del pignone. Una fuga dalla mediocrità e dall’incapacità giornalistica in cui pare essere caduto questo sport.
Parole semplici, secche, per celebrare semplicemente “la bellezza dello sport”. Le foto mettono i brividi, la retina traballa di bellezza pura. Si sogna, signori mei, su Rouleur. Perché in Italia non ne siamo capaci? Perché non riusciamo a togliere le ragnatele dalla vecchia bicicletta di Coppi? Perché tutto trasuda di mediocrità e di chiacchiericcio superficiale?
Manca il sogno, forse, manca la “visione”. Quella a lunga distanza, che guarda oltre l’ostacolo. Quella per cui ad Austin c’è questo negozio e a Londra quest’altro e in Italia, invece, dormiamo. Quella che fa palpitare il cuore e venire idee al cervello. Quella che parte quando scendi di sella e finisce quando ci risali. La bicicletta, aperta parentesi, non finisce quando metti piede a terra: la tua corsa prosegue sull’orlo dei pensieri, lungo la silhouette delle emozioni appena provate, ti fa afferrare una penna, anche virutale, e iniziare il tuo lungo romanzo dell’anima.
No, in Italia, di tutto questo non ne siamo capaci. Non sappiamo guardare oltre i capelli grigi di un Coppi morto cinquant’anni fa, o gli occhi tristi di un Pantani. Nessuno come loro oggi vorrebbe qualcosa di nuovo. Nessuno come loro oggi vorrebbe non aver lasciato un’eredità pesante, ma solo e soltanto un sogno da proseguire.
Rouleur , Rapha: comete impazzite che snobbano il nostro paese. Che si fermano a guardalo sulle cime dei suoi passi mitici, ma addormentati.
Datemi Rouleur, la rivista che (in Italia) non c’è.